Sbaglia chi pensa che gli Hikikomori, i ragazzi che hanno scelto di ritirarsi dalla vita sociale cercando livelli diversi di isolamento, tanto da rimanere chiusi in casa anche 16 ore consecutive, sia una conseguenza dell’uso compulsivo delle tecnologie on line: ad indurli verso questo comportamento patologico sarebbero le aspettative della società. E la scuola può fare molto per combattere questa pericolosa tendenza, ma senza soluzioni drastiche. Lo ha detto il 5 luglio a Udine Matteo Crepaldi, psicologo e presidente dell’associazione Hikikomori Italia, a margine del 21esimo Congresso internazionale di Ifotes, International Federation of Telephone Emergency Services.
“Il fenomeno Hikikomori, la scelta di isolarsi e di stare in disparte, deriva dalla pressione sociale e non dalle nuove tecnologie, dunque è più importante ridurre la pressione sociale sui giovani colpiti, piuttosto che togliere loro le tecnologie, che rappresentano il loro unico aggancio con il mondo esterno”, ha spiegato l’esperto.
“Ci sono stati casi di recente – ha ricordato Crepaldi – di ragazzi colpiti da hikikomori ai quali sono state tolte le tastiere del pc a forza e che hanno compiuto atti di rabbia o disperazione come buttarsi dalla finestra. Ciò dimostra quanto sia sbagliato e controproducente identificare le nuove tecnologie come le colpevoli”.
L’associazione ha stimato in Italia la presenza di 100.000 casi ‘potenziali’ di hikikomori, tra giovani colpiti e giovani ‘a forte rischio’.
La fascia d’età più interessata è tra i 15 e i 29 anni, l’età d’inizio è intorno ai 15 anni, e si tratta per il 90% di maschi residenti nel Nord Italia.
Il dottor Crepaldi – che a nome dell’associazione sta partecipando al Miur “a un tavolo tecnico per scrivere delle linee guida nazionali” – ha ricordato che “fondamentale è la prevenzione, informando le famiglie sui comportamenti che possono peggiorare la situazione”.
I ragazzi, che si isolano, ha continuato, “per difficoltà sociali, bullismo, mancato riconoscimento della scuola come portatrice di valori in cui ci si riconoscono”, di solito sono giovani “intelligenti, idealisti, con alto spirito critico”.
Ma gli Hikikomori “non solo isolati totalmente, perché mantengono rapporti sociali molto forti attraverso la rete”.
Il presidente ha detto che “piuttosto che forzare questi giovani a tornare in classe, è meglio studiare con la scuola percorsi per poter ultimare il percorso senza doverla per forza frequentare”.
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