Non hanno comportato alcun beneficio le riforme Gelmini dell’Istruzione e le applicazioni della Legge 133 del 2008 dell’ultimo Governo Berlusconi, che ha prodotto la cancellazione di 200 mila posti tra docenti e Ata, la soppressione di 4 mila istituti autonomi e il taglio al solo comparto Scuola di 8 miliardi di euro. Anzi, hanno comportato solo una lunga striscia di risultati nefasti. Prima sul fronte della didattica, con la riduzione di un sesto dell’orario scolastico. Poi dei risultati scolastici, con l’abbassamento dal 79,9% al 76,2% della percentuale di diplomati tra i giovani di 19 anni.
Nel 2012 è stata davvero modesta la riduzione di chi ha abbandonato troppo presto i banchi di scuola, pur avendo conseguito solo la licenza media: i giovani tra 15 e 24 anni a trovarsi in queste condizioni sono stati quasi 760 mila, il 17,6% della relativa fascia di età. Mentre in Europa il tasso di abbandono non arriva ormai al 14%, e peggio di noi fanno solo Spagna (24,8%) e Portogallo (20,8%). In Italia, la situazione è leggermente migliore al Centro-Nord, dove la dispersione si attesta al 16%. Mentre la percentuale di dispersione di studenti aumenta al Sud Italia, dove è al 22,3%: preoccupano Sicilia, Sardegna e Campania, dove vi sono aree con punte di abbandoni scolastici del 25%.
Anche l’allontanamento degli italiani dalla lettura, rilevata in queste ore dall’Istat attraverso il rapporto “La produzione e la lettura di libri in Italia” non è casuale, ma figlio della politica di recessione verso la formazione delle nuove generazioni: secondo l’Istituto nazionale di statistica, infatti, i lettori in Italia sono calati passando dal 46% del 2012 al 43% del 2013. Con una riduzione di lettori che ha interessato principalmente la fascia di età maschile tra i 15 ed i 17 anni, scesa in un solo anno quasi di dieci punti: dal 48,9% al 39,4%.
“L’allontanamento dall’Europa in materia di dispersione scolastica – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – non è un dato che ci sorprende. Ma è legato proprio ai tagli a risorse e organici della scuola attuati negli ultimi anni. Ora, siccome è scientificamente provato che i finanziamenti sono correlati al successo formativo, più si taglia e più la dispersione aumenta. Per cui, come rilevato di recente da Eurostat, anziché pensare ad altri tagli è giunto il momento di tornare ad investire”. Il sindacalista Anief-Confedir indica anche dove: “nella formazione, puntando in particolare sull’apprendistato, nel tempo scuola, nelle professionalità e competenze. Cominciando, quindi, ad aumentare il tempo scuola e a creare degli organici potenziati per le aree a rischio e più difficili”.
E se i giovani non studiano e non lavorano è inevitabile che vadano a riempire la categoria dei Neet: nel 2012, ha rilevato il Cnel, sono arrivati a 2 milioni 250 mila, pari al 23,9%, ovvero circa un giovane su quattro tra i 15 e i 29 anni. È significativo che nel 2010, a livello europeo, il 39% dei Neet tra i 25 e i 29 anni aveva un basso livello di istruzione (licenza media), il 44% una formazione di secondo livello (diploma di maturità), e solo il 17% una formazione di livello terziario (laurea). Un dato che conferma, se ve ne era ancora bisogno, che il livello formativo conseguito incide pesantemente sull’occupazione dei giovani. Complicata ulteriormente dal fatto che nel biennio 2011-2012 sono state chiuse oltre 100mila aziende.
Evoluzione del quadro formativo e occupazionale dei giovani italiani
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Anno
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2000
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2007
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2012
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Tasso assoluto di disoccupazione
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10,4%
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6,5%
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11,2%
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Tasso di disoccupazione giovanile (tra i 15 e i 24 anni)
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26,2%
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20,3%
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41,2%
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Under 24 che hanno abbandonato gli studi dopo aver conseguito solo la licenza media
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25,3%
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20,8%
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17,6%
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Neet (giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano)
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20,9%
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18,9%
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23,9%
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Per approfondimenti: