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Giovani, non vendete i vostri libri di letteratura, sono importanti. Ecco cosa ci suggerisce l’ultimo libro di Paolo Di Paolo

Il suo primo romanzo di successo, ”Raccontami la notte in cui sono nato”, lo ha pubblicato Perrone nel 2008. Paolo Di Paolo aveva appena 25 anni. Da allora in poi la sua carriera non si è più fermata: scrittore per adulti e per ragazzi, saggista e conduttore televisivo, Di Paolo ritorna in libreria con un saggio che ci interessa da vicino perché parla di scuola, di libri di testo e di letteratura.

Come riporta, infatti, il quotidiano Avvenire, Il Mulino ha pubblicato il mese scorso “Rimembri ancora”, sottotitolo “Perché amare da grandi le poesie studiate a scuola”, un libro appassionato nel quale Di Paolo celebra i vecchi e cari manuali di letteratura sui quali si sono formati moltitudini di ragazzi e ragazze che hanno amato – o detestato – Manzoni e Leopardi, Gozzano e D’Annunzio.

Quelle pagine, argomenta lo scrittore, hanno rappresentato e rappresentano, per la sua generazione, per quelle precedenti e per quelle che verranno, la prima, preziosa, insostituibile occasione per incontrare i grandi classici. Sono state il tramite per l’incontro iniziale con l’ardore di Foscolo, il simbolismo pascoliano, le piccole cose crepuscolari, la follia della guerra con Ungaretti. Questo incontro continua ad accadere di generazione in generazione attraverso le pagine di un libro.

A che cosa serve però archiviare tomi cartacei destinati a ricoprirsi di polvere? Siamo o no nell’età del virtuale, della Rete, dell’intelligenza artificiale, si chiede provocatoriamente Avvenire. La risposta è semplice: i manuali scolastici continuano a rivestire un’importante valenza culturale, soprattutto in quegli ambienti in cui sono gli unici libri a entrare.

Nel bagaglio delle conoscenze scolastiche – si legge nella presentazione che fa del libro la casa editrice –insieme alle tabelline, al teorema di Pitagora, alla fotosintesi clorofilliana, rientrano anche molte poesie. C’è perfino chi, nel tempo, le ha imparate a memoria. Da «Silvia, rimembri ancora» di Leopardi a «La pioggia nel pineto» di D’Annunzio, dalle «stelle cadenti» di Pascoli al «male di vivere» di Montale, può capitare di ritrovarsi qualche verso sulle labbra, all’improvviso. Sembra che voglia dirci ancora qualcosa. Ma cosa?

Fuori da ogni cliché o luogo comune, Di Paolo propone di leggere in modo nuovo ed emozionante le poesie studiate a scuola, stabilendo un nuovo rapporto tra scrittura e vita. Ad esempio, continua Il Mulino, riscopre «Dei Sepolcri» come un canto carico di tenerezza e rilegge «Il cinque maggio» come un editoriale in versi. Accosta autori contemporanei come Ray Bradbury a Carducci o Yasmina Reza a Manzoni, ripensa i versi asciutti di Ungaretti all’ombra delle guerre odierne. E mette in gioco anche se stesso, la sua storia di studente e di aspirante scrittore. Dimostra così che l’esperienza può riempire di senso quei versi lontani e completarli nel tempo, fra amori, ferite, desideri, sogni.

Il consiglio agli studenti, dunque, non può che essere questo: alla fine dell’anno scolastico non sbarazzatevi subito e per pochi euro dei vostri libri di letteratura! Non solo, conclude Avvenire, perché di tanto in tanto potrebbe tornare utile, negli anni successivi, andare a ripassare certe nozioni, ma soprattutto, in una prospettiva più ampia, per un’altra ragione: avere, più avanti nella vita, la possibilità di sfogliare nuovamente i libri di scuola equivale a un modo di rievocare una stagione della propria esistenza, quella trascorsa sui banchi.

Gabriele Ferrante

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