Categorie: Attualità

Giovani, vorrei fare l’insegnante: tutto quello che c’è da sapere

Nonostante il susseguirsi di riforme e le difficoltà che mettono a dura prova la categoria, ancora oggi fortunatamente ci sono ragazzi che ambiscono alla cattedra.

Giovani che dunque sognano di accedere al mondo dell’insegnamento. Del resto quello del docente continua a rimanere un ruolo sul quale grava un carico di responsabilità per quanto concerne l’educazione dei ragazzi seconda soltanto a quella dei genitori.

Ecco perché quando si ha la possibilità di esercitare questo mestiere a volte sottovalutato, bisognerebbe essere mossi e animati principalmente da una grande passione. Insegnare non può essere, come accade sempre più spesso oggi tra i neolaureati, un ripiego. Questo perché nella maggior parte dei casi si rischierebbe di non riuscire a coinvolgere gli studenti che invece devono costantemente essere stimolati ed incuriositi.

Inoltre quello per diventare insegnanti non è di certo un percorso tanto più facile di altri. Con l’entrata in vigore della legge 107 del 2015 per partecipare al concorso scuola sono necessari requisiti ben precisi.
Nel caso dell’abilitazione per la scuola primaria è necessario essere in possesso di una laurea magistrale in Scienze della formazione primaria oppure di un diploma magistrale o di quello di un liceo socio-psico-pedagogico a patto che sia conseguito entro l’anno accademico 2001-2002.

Nel caso dell’abilitazione per le scuole medie o superiori bisogna avere un titolo di laurea magistrale utile per l’accesso al concorso (laurea magistrale del nuovo ordinamento, laurea quinquennale vecchio ordinamento…)e aver svolto un tirocinio formativo, il TFA.
Quest’ultimo è composto da 1500 ore e per svolgerlo bisogna superare prima una prova d’accesso.
Al termine del tirocinio il candidato è sottoposto ad un esame finale il cui superamento garantisce l’abilitazione in una classe di concorso. Con il TFA è possibile iscriversi alle graduatorie dalle quali vengono chiamati i docenti per le supplenze nelle scuole pubbliche, ma anche insegnare nelle scuole private poiché per essere professori in queste ultime non è necessario vincere alcun concorso.
Una volta ottenuti tutti i requisiti, il docente si iscrive al Miur e sostiene il concorso pubblico, specificando la sua classe di appartenenza.
Il concorso per la scuola primaria si compone di due prove, una scritta e una orale. Quello per la scuola secondaria invece ha in più una prova pratica. Ci sono poi anche i concorsi per gli insegnanti di sostegno.

I vincitori del concorso ottengono un contratto retribuito della durata di tre anni e nel frattempo, per un anno, devono completare un corso di formazione specifico istituito da un’università o da un’istituto di alta formazione. Lo scopo sarebbe quello di completare in qualche modo la preparazione del docente, in particolare nella sua classe di concorso. Nei due anni successivi poi l’insegnante effettua un tirocinio presso la scuola a cui viene assegnato.
Diverso il caso dei professori universitari: in quel caso per poter ottenere la cattedra è necessario, dopo la laurea, proseguire gli studi come dottorando e poi vincere il concorso dell’università per diventare ricercatore, titolo con il quale ci si impegna già a svolgere qualche ora di didattica. I docenti universitari inoltre si distinguono in professori associati e professori ordinari. Questi ultimi sono i titolari della cattedra d’insegnamento: si tratta dunque della carica più alta in ambito universitario. Ovviamente anche in questi casi bisognerà superare dei concorsi pubblici piuttosto impegnativi e non sempre vinti dal più meritevole

Giulia Mirimich

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