Lena Gissi è giunta a capo di uno dei due più importanti sindacati della scuola, la Cisl, in un momento cruciale, contrassegnato da due macro-problematiche: l’avvio della riforma Renzi-Giannini e il rinnovo del contratto fermo da sei anni.
Ecco cosa ci ha detto in merito, mostrando di avere nelle “corde” competenza e tenacia, doti indispensabili per venire a capo di questioni intricate, come quelle che vive oggi la scuola pubblica italiana.
Dottoressa Gissi, lo sa che Francesco Scrima le ha lasciato davvero un bel da fare?
Lo so benissimo, ma mi ha lasciato anche un’organizzazione che, grazie anche al modo in cui l’ha guidata, ha le capacità e le energie necessarie per reggere anche i compiti più impegnativi.
Il malcontento per la Legge 107, in particolare per l’introduzione di albi territoriali e bonus premiale, è solo sopito: come intendete muovervi per tutelare i lavoratori?
Non parlerei di “malcontento sopito”: il malcontento rimane, e nessuno può scambiare il senso di responsabilità con cui la gente di scuola porta comunque avanti il suo lavoro con la rassegnata accettazione delle troppe scelte sbagliate fatte con la Legge 107. Non è così, continua il nostro impegno a rivendicare modifiche normative, della cui necessità si sta facendo sempre più diffusa la consapevolezza, o a risolvere almeno le maggiori criticità anche nelle sedi di contrattazione, come nel caso della mobilità del personale.
Sono previste azioni congiunte con gli altri sindacati?
Continua un percorso di iniziative unitarie che si sviluppa su piani diversi, da quello strettamente sindacale a quello del contenzioso legale. Non è una “guerriglia”, come qualcuno la vorrebbe dipingere, ci muoviamo da tempo su una linea chiara e coerente con proposte che, se ascoltate, avrebbero consegnato al paese una scuola migliore di quella prefigurata dalla 107 e ridato finalmente alla scuola stessa quelle condizioni di necessaria serenità da troppo tempo negate.
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Un’altra spina è quella degli stipendi: il rinnovo contrattuale è una partita che si gioca a livello di Confederazione e spuntarla sarà dura, perché il Governo mette sul piatto 8 euro di aumento. Come se ne esce?
Gli 8 euro di aumento li abbiamo definiti da subito una vergogna ai limiti della provocazione e il giudizio non cambia. Che le retribuzioni di chi lavora nella scuola siano inadeguate è noto da tempo, una realtà purtroppo confermata da tutti i confronti a livello internazionale. Io aggiungo che è proprio questa generale inadeguatezza ad aver reso impercorribile, ad oggi, anche ipotesi di innovazione della struttura salariale. Finché la priorità resta quella di recuperare un livello di decenza per le retribuzioni di tutti, difficile discutere di altro.
A fine gennaio verrà pubblicato il bando di concorso per 63.712 nuovi docenti: sarà riservato al personale abilitato e non di ruolo. Tanti precari e chi già è assunto a tempo indeterminato rimarranno fuori. È giusto così?
So per esperienza che in vicende di questo genere la posizione più comoda è quella di dare ragione a tutti, evitando di fare i conti con questioni alle quali tuttavia è difficile sfuggire. Ne cito due: l’enorme squilibrio fra domanda e offerta di lavoro, i titoli formativi necessari per assicurare alla scuola pubblica docenti di qualità. La scelta di riservare il concorso agli abilitati risponde alla seconda delle questioni che ho citato, escludere dal concorso chi è già in ruolo potrebbe legarsi alla prima. È comprensibile, e in sé giusto, porsi l’obiettivo di privilegiare chi non ha già un lavoro stabile, ma la soluzione mi pare molto esposta a rilievi di legittimità e fonte di inevitabile contenzioso.
Per il resto, il testo del “concorsone” consegnato in settimana al Cspi vi soddisfa
Oltre a quelle da lei indicate, c’è almeno un’altra questione che non si può eludere: è quella dei precari ingiustamente esclusi dal piano straordinario di stabilizzazione (tra cui un intero settore scolastico, quello dell’infanzia). Attese e diritti ai quali vanno date risposte, diversamente è inevitabile che anche il bando del concorso scateni tensioni e conflittualità difficilmente governabili.
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