L’anno scolastico è partito e le lezioni, salvo alcuni casi singoli, sono riprese dappertutto. Questa è la buona notizia dopo i mesi di lockdown.
La cattiva notizia è che i problemi di queste prime settimane di scuola si stanno accavallando generando in molti casi confusione e disorientamento.
Soprattutto per quanto riguarda il personale docente, i problemi di inizio anno scolastico non solo sono gli stessi degli scorsi anni (le cattedre vuote) ma hanno ottenuto un upgrade (il caos delle Gps) che ha appesantito di molto una situazione già complicata. E poi c’è la questione dei concorsi, in arrivo a partire da ottobre con la procedura straordinaria.
Ne abbiamo parlato con Maddalena Gissi, segretario generale della Cisl Scuola.
Il caos delle supplenze sta mettendo a dura prova diversi territori. Molti sostengono che le Gps e il nuovo sistema potevano essere rimandati in un altro momento. Anche lei la pensa così?
Quando è apparso chiaro che la chiusura delle scuole si sarebbe trascinata fino a giugno, la nostra prima preoccupazione è stata di immaginare quali fossero le condizioni da garantire per avviare in presenza e in sicurezza il nuovo anno. Insieme a spazi adeguati e alla disponibilità di materiali e presìdi anticontagio, avere da subito in servizio tutto il personale necessario è stata da noi indicata come esigenza assolutamente prioritaria. In quest’ottica si muovevano fra l’altro le nostre richieste stabilizzare quanto più possibile il lavoro dei precari, con una particolare attenzione per i posti su sostegno, ma avevamo anche proposto di rinviare di un anno il rinnovo delle graduatorie. La politica ha fatto scelte diverse, come è noto, sia sul reclutamento che sul rinnovo delle graduatorie. E poi c’è stata la gestione di quelle scelte, che ne ha enfatizzato limiti e rischi. Una volta deciso che si sarebbe proceduto al rinnovo, bisognava gestire in modo più oculato procedure e tempi. Sul reclutamento, parlano chiaro i numeri dei posti rimasti vacanti. Sulle GPS, parla chiaro la confusione che ancora oggi regna sovrana. Posso dire che la CISL Scuola, con l’impegno straordinario profuso dalle sue strutture territoriali, ha dato un enorme contributo supportando gli aspiranti nella compilazione delle domande, in lotta con un sistema informatico spesso in tilt.
Ad ottobre dovrebbero partire i concorsi, hanno ribadito al Ministero. Le forze di opposizione e tantissimi precari chiedono il rinvio delle procedure. Secondo lei è una scelta percorribile?
Ribadisco che il tema va assolutamente ripreso e discusso fuori da schematismi di sapore ideologico, ma con saggezza e senso della realtà, per conciliare due esigenze entrambe doverosamente da considerare: aprire le porte delle scuole ai giovani neolaureati e valorizzare l’esperienza accumulata da chi col suo lavoro precario permette alla scuola di funzionare bene. Nell’immediato, credo che la scelta di rinviare le prove concorsuali o di svolgerle debba essere assunta con grande responsabilità alla luce di un andamento dei contagi che esige il massimo della prudenza. La diffusione del contagio tra gli alunni e la quarantena preventiva prevista per gli insegnanti sono fattori di cui tenere conto trattandosi di un concorso che esige la presenza in locali le cui condizioni non sono ancora state certificate dai responsabili sanitari. In ogni caso si eviti, per favore, di fare anche di questo problema una questione di immagine o di polemica politica, si scelga con saggezza e prudenza.
In queste prime settimane di scuola uno dei problemi è rappresentato dai lavoratori fragili. La Ministra ha detto che non dovrebbero essere più di 300. Ma è così? La Cisl Scuola ha stimato quanti sono i lavoratori fragili della scuola?
A noi risulta che ci possano essere due o tre casi, mediamente, in ogni istituzione scolastica. Ne abbiamo più di 8.000 in Italia, faccia lei il conto. Purtroppo i numeri sono ben più alti di quello dichiarato dalla ministra.
Ci tengo però a chiarire che la situazione dei fragili non può essere annoverata in modo automatico tra le condizioni di inidoneità, così come previsto dalla circolare di qualche giorno fa; abbiamo chiesto di distinguere le richieste del personale che sono supportate dalle certificazioni dei medici di base e del medico competente dalle altre istanze. La vulnerabilità dei colleghi è legata alla condizione pandemica e come tale va trattata. Utilizzare il contratto che regolamenta le inidoneità ci sembra opportuno ma non è sufficientemente esaustivo. Serve una discussione seria e un tavolo di confronto per verificare la casistica e valutare l’entità e le possibili soluzioni alternative per risolvere il problema.
Come sta andando la riapertura delle scuole: ci dia un voto da 1 a 10 e ci spieghi le motivazioni
Io voglio dare un 7 che esprime anzitutto la gioia per un ritorno alla condizione che ritengo “naturale” per la scuola, indispensabile perché possa svolgersi in modo pieno la relazione educativa. Una relazione che non è solo quella fra insegnanti e alunni, ma quella che anima i rapporti fra tutte le componenti della comunità scolastica. Il voto sarebbe stato certamente più alto, questo voto, se avessi potuto ignorare insufficienze e ritardi che le scuole, non per colpa loro, hanno dovuto scontare. Il ritardo sui banchi, sulle nomine del personale, e tanti altri problemi che a parole si davano per risolti, se non compensati dagli elementi che ho citato per primi avrebbero reso quel voto largamente insufficiente.
Parliamo del nuovo contratto: al momento è tutto fermo. Quali sono le priorità per il rinnovo contrattuale dei lavoratori della scuola?
Ne indico solo due, anche se il tema in questi mesi è stato messo forzatamente in secondo piano dall’irrompere di ben altre emergenze e priorità. Noi dovremo nel nuovo contratto riconsiderare, o considerare ex novo, modalità di lavoro, come didattica a distanza e smart working, che hanno fatto irruzione nel mondo della scuola con la pandemia o hanno trovato una diffusione assolutamente inedita. Il secondo tema, al quale non si può sfuggire, è una valorizzazione di tutte le professionalità, in direzione di un riequilibrio col resto d’Europa di cui tutti riconoscono la necessità ma che non può essere conseguito solo con le belle parole. Occorre sostenerlo mettendo a disposizione le risorse necessarie. Ci aspettiamo che le parti politiche che hanno contestato la firma dell’ultimo contratto, viste le loro valutazioni che allora parlavano di “irrisorio importo dell’aumento raggiunto”, siano ora pronte a sostenere una grande battaglia a favore di finanziamenti realmente consistenti, capaci di recuperare i ritardi strutturali del nostro sistema di istruzione con le risorse del Recovery Fund ma di assicurare anche, a regime, nuovi elementi retributivi e di carriera utili per recuperare un gap storico della scuola italiana.
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