Cosa faranno i sindacati se la Funzione Pubblica dovesse bocciare l’accordo sulla mobilità sottoscritto con l’assenso del Miur?
Lo abbiamo chiesto a Lena Gissi, segretario generale della Cisl Scuola, una delle quattro organizzazioni sindacali impegnate per diverse settimane nella stesura del testo.
Gissi, ha saputo della notizia che il ministero della Pubblica Amministrazione potrebbe cassare il pre accordo sulla mobilità perché in conflitto con le indicazioni della Legge 107/15?
No, non abbiamo avuto indicazioni di questo genere. Ma non sarebbe comunque un fulmine a ciel sereno. Perché da tempo abbiamo allertato i nostri uffici legali, proprio nel caso si fosse arrivati alla produzione unilaterale del regolamento.
Quindi farete ricorso?
Certamente. È il primo concetto che abbiamo espresso, quando ci siamo messi seduti al tavolo della contrattazione per un rinnovo contrattuale sulla mobilità particolarmente importante con 200mila lavoratori coinvolti. L’esigenza, condivisa alla lunga dal Miur, è sempre stata quella di migliorare certi effetti della Legge 107/2015, che se applicata in toto sarebbero stati negativi per tutti: personale, studenti e famiglie.
Quindi, secondo lei il Miur è cosciente di cosa andrebbe incontro se si arrivasse all’atto unilaterale?
Confidiamo nel fatto che l’amministrazione possa valutare comunque i contenuti della proposta sottoscritta con i sindacati. Peraltro condivisa dopo mesi di contrattazione.
In che senso?
Nel senso che in passato ci sono già stati dei casi di rifiuto, da parte della Funzione Pubblica, di questo genere di contratto. Ma poi l’amministrazione centrale dell’Istruzione ha portato a compimento un’ordinanza sufficientemente in linea con la proposta iniziale sottoscritta con i sindacati.
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Però l’Anp ha molti dubbi: sostiene che lo “strappo” rispetto al comma 73 della 107 sarebbe troppo grosso.
I precedenti ci dicono di essere cauti. Già l’altro giorno è accaduto che più di qualcuno si compiacesse per smontare le nostre rivendicazioni, come nel caso dello sblocco del fondo unico per la retribuzione dei dirigenti scolastici. Peccato che già poche ore dopo si è scoperto che le cifre indicate dal Miur erano sbagliate. E pure contraddittorie nello stesso comunicato ufficiale.
E se stavolta, invece, il primo sindacato dei dirigenti avesse ragione? Cosa accadrebbe?
Che tutti i docenti andrebbero negli ambiti territoriali. Con una striscia enorme di contenziosi presso la magistratura. La quale non crediamo proprio abbia bisogno di questa mole di lavoro. A chi conviene che i tribunali vengano invasi dal personale della scuola?
Quindi è solo un problema di contenziosi?
Non solo. Perché anche la macchina organizzativo della scuola si incepperebbe: far saltare l’accordo significherebbe mettere a rischio anche la regolarità del nuovo anno scolastico.
Allora la decisione finale sarebbe extra-scolastica?
Sicuramente. La questione diverrebbe tutta politica. E credo proprio che chi di dovere, ad iniziare dal Governo, farebbe meglio a produrre un’ampia riflessione. Altrimenti, si prenderebbe tutta la responsabilità del pasticcio prodotto.
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