L’innalzamento generale dei prezzi dei voli dovuto all’iperinflazione ed alla carenza oramai patologica di commodities alle quali fare affidamento per le attività umane ha messo a dura prova anche quella continuità didattica ed offerta formativa non erogata in classe, ma attraverso opportune esperienze in città, parchi secondo itinerari prestabiliti nei noti viaggi d’istruzione. Le famiglie, dati i prezzi elevati, non sono più in grado di garantire ai propri figli una formazione globale legata anche all’orientamento ed all’esplorazione, doti oramai necessarie in una società sempre in evoluzione ed aperta a stimolanti sfide.
L’Italia ed il Regno Unito, nonostante siano situati a debita distanza geografica, condividono un annoso problema e limite di investimenti sull’istruzione promosso da tagli fisiologici e continui al sistema. Ciò impatta, oltre alla consueta didattica gessetto e lavagna in aula, anche laboratori, esperienze, gite e viaggi d’istruzione di più giorni. Per le scuole anglosassoni le problematiche sono connesse anche alla Brexit: le difficoltà a viaggiare liberamente in Europa, dovute ai controlli alle frontiere, sono evidenti anche per i giovani interessati a viaggiare dal Regno Unito al Vecchio Continente o per coloro che desiderano effettuare un’esperienza di studio nei prestigiosi atenei anglosassoni. I limitati investimenti, le crisi dovute alle recenti manifestazioni del corpo docente presso le maggiori città del Regno, le difficoltà di circolazione libera in Europa hanno decimato concretamente le possibilità di partecipare senza sborsare somme esorbitanti a viaggi d’istruzione per gli studenti anglosassoni.
L’arretrato di 18 ore di pullman scolastici in fila a Dover all’inizio delle vacanze di Pasqua potrebbe sembrare la nuova normalità dopo l’uscita della Gran Bretagna dall’UE, anche per gli studenti e i docenti in partenza. Gli esperti del settore hanno riferito che, in materia di accordi, tali code non dovrebbero essere presenti. Pullman carichi di ragazzi e ragazze che cercavano di viaggiare in traghetto verso l’Europa continentale durante le gite scolastiche hanno dovuto aspettare per ore con scarso accesso a cibo, bevande e servizi igienici durante lo scorso fine settimana, in alcuni casi solo per essere costretti a tornare indietro o a soggiornare in hotel vicino al porto di Dover nel Kent per tentare il giorno successivo. L’industria del turismo ha avvertito che è probabile che il problema alla frontiera si ripeta ogni volta che i britannici si precipitano in massa nel continente durante i periodi delle vacanze scolastiche, fino a quando le autorità non aumentino in modo significativo il numero degli ufficiali alla frontiera, o l’UE abbandoni gradualmente, compatibilmente agli accordi, la sua politica di validare con timbro passaporti individuali e consenta finalmente ai viaggiatori britannici di utilizzare gli e-gate.
Di conseguenza, ci sono state lunghe code durante i periodi di maggiore affluenza, soprattutto durante le vacanze scolastiche, per transitare attraverso i controlli dei passaporti all’Eurotunnel e al porto di Dover, così come in alcuni aeroporti europei, dove ai britannici è solitamente vietato l’accesso agli e-gate. Il Ministro dell’Interno britannico Suella Braverman ha respinto le affermazioni secondo cui i ritardi del fine settimana erano un risultato diretto della Brexit, ma un portavoce del primo ministro Rishi Sunak ha successivamente ammesso alla stampa che i “nuovi processi” richiesti dall’uscita della Gran Bretagna dall’UE hanno sensibilmente impattato la mobilità di cittadini e studenti britannici.
Occorre partire da numerosi articoli-denuncia pubblicati di recente da La Tecnica. Pare che, secondo i dati recenti, un alunno su due sia impossibilitato a prendere parte ai viaggi d’istruzione per via dei costi esorbitanti. Il caso di quattro giorni a Budapest in aereo per una quota pari ad 800 euro ha fatto il giro dei quotidiani nazionali; il costo proposto è pari a quello di un volo intercontinentale per le Americhe o il Pacifico. Ad impattare il costo dei voli e degli alloggi, e pertanto a limitare la possibilità degli studenti e delle famiglie di partecipare ai viaggi d’istruzione, sono state le chiusure e le limitazioni imposti dalle autorità sanitarie durante l’emergenza sanitaria COVID-19, che ha prodotto una crisi del settore turistico mai vista negli ultimi 75 anni, limitando la circolazione fisica per fini non essenziali a livello globale.
Secondo ANP Lazio, ufficio che monitora la partecipazione degli studenti ad attività extra-scolastiche, il costo medio per garantire la partecipazione di uno studente in gita per un periodo non superiore a 3-4 giorni varia dai 350 ai 650 euro; il costo dipende dalla natura della destinazione (nazionale o estera) e mezzo di trasporto (corriera o aereo). FanPage, testata che ha diffuso la notizia appena menzionata, ha dichiarato: “Le classi ormai partono con appena metà o poco più dei ragazzi, spesso per permetterne la riuscita gli insegnanti sono costretti ad accorpare più classi insieme. I costi sono saliti mediamente del 20%”. Risulta a tutti evidente l’impatto sociale, psicologico, emotivo delle recenti chiusure dovute all’emergenza sanitaria; l’allentamento delle relazioni sociali e l’autoisolamento di numerosi adolescenti solo l’evidenza tangibile di tale impatto. L’impossibilità di prendere parte ad attività comuni quali gite e viaggi d’istruzione di certo non garantisce un miglioramento generale della situazione attuale.
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