Una sentenza che potrebbe sconvolgere la didattica a scuola. Così come riporta Swissinfo.ch, la Corte europea dei diritti umani (CEDU) ha respinto il reclamo di una famiglia di Basilea che aveva chiesto la dispensa della figlia di 7 anni dalle lezioni di educazione sessuale.
Secondo i giudici europei, gli insegnanti dovrebbero rispondere alle domande degli allievi sulla sessualità in modo adeguato alla situazione e all’età.
Nel 2011, un gruppo di pedagogisti hanno presentato a Basilea un piano per l’educazione sessuale che ha provocato indignazione nelle cerchie conservatrici. A destare scandalo erano delle valigette che contenevano un pene di legno e una vagina di peluche e venivano distribuite alle scuole come materiale didattico. Le valigie sono scomparse, ma l’educazione sessuale è rimasta nei programmi scolastici.
Secondo i pedagogisti, l’insegnamento serve soprattutto a prevenire gli abusi; secondo le cerchie conservatrici, che parlano di “sessualizzazione precoce”, produce l’effetto contrario.
“Importante, dunque, difendersi dalle aggressioni sessuali. Per i bambini deve essere chiaro sin dall’età della scuola materna: “Il mio corpo appartiene a me” e “Ci sono carezze buone e cattive”, spiega Beat Zemp, presidente dell’associazione ombrello dei docenti della Svizzera tedesca LCH. “Nella scuola secondaria si tratta di prevenzione contro le malattie sessualmente trasmissibili. Questi due rischi giustificano il fatto che la scuola possa interferire nell’autorità genitoriale in materia sessuale. Questa convinzione è difesa dal Tribunale federale e ora anche dalla CEDU”, conclude
Se in classe, dunque, qualcuno domanda da dove provengono i bambini perché l’insegnante è incinta, la docente ha la possibilità di parlarne e discuterne brevemente all’inizio della lezione, senza che così sia punibile. Sarebbe, infatti, una dichiarazione di fallimento educativo, se i docenti non fossero autorizzati a fornire risposte adeguate all’età alle domande dei bambini.