Qualche giorno fa abbiamo pubblicato una lettera in cui si ragionava sul fatto che, come i medici giurano sul Giuramento di Ippocrate, anche gli insegnanti dovrebbero pronunciarne uno. Ma cosa dovrebbe contenere il giuramento dei docenti?
A rispondere a questa domanda, nelle pagine de Il Corriere della Sera, è stata la scrittrice e docente Cristina Dell’Acqua. “Come i medici pronunciano il giuramento di Ippocrate, noi insegnanti dovremmo pronunciare il giuramento di Socrate. Entrambi, medici e insegnanti, ci prendiamo cura della salute di pazienti e alunni”.
“Potrebbe suonare così l’incipit del giuramento: ‘Farò in modo che la mia aula sia un luogo d’ascolto, di confronto, di dubbi, piena di vita. E dove si impara a contemplare’. Contemplare, da cum e templum, è imparare a guardare o a pensare non per immortalare il momento in un post ma per viverlo all’interno di un templum; anticamente era lo spazio in cui i sacerdoti osservavano il volo degli uccelli per presagire il futuro e poi un luogo divino e sacro. Non che gli insegnanti non sappiano già tutto ciò, ma un giuramento renderebbe sacro il vincolo tra docente, alunni e chi scrive il percorso ministeriale della vita della scuola”, ha aggiunto.
Poi la scrittrice ha commentato la circolare di Valditara che vieta i cellulari in classe: “La notizia secondo cui il ministero dell’Istruzione e del Merito dal prossimo anno scolastico vieterà (sino alle scuole medie) l’uso degli smartphone in classe ‘per qualsiasi scopo, anche didattico’ è un respiro di sollievo. Un tema che da solo basterebbe come punto all’ordine del giorno di un G7 sull’educazione e come terreno fertile per Socrate”.
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