“Conosci la terra dove fioriscono i limoni?”, cantava Goethe dopo il suo “Viaggio in Italia”, e in Italia vengono turisti soprattutto di lingua tedesca, che sono la stragrande maggioranza, mentre le nostre scolaresche sempre più amano Berlino, la nuova capitale culturale d’Europa, dove civiltà e arte si incontrano e dove Renzo Piano ha costruito le sue vetrate sulla Potsdamer Platz, il luogo della Berlinale e dell’Orso d’oro, l’animale simbolo della città.
Ma la Germania è anche il primo partner commerciale dell’Italia da dove acquista scarpe, vestiti, frutta, verdura, la tecnologia più sofisticata dei cantieri navali, fino ai prodotti dei nostri grandi marchi del lusso, Prada, Tod’s, Bulgari, Luxottica; e i tedeschi adorano il nostro cibo al punto che in Germania “gelato” si dice appunto “gelato”, ed è soltanto italiano. E così gli italiani ammirano la Germania, che è ordinata, efficiente, pulita e ricchissima, cioè tutto il contrario dell’Italia. E i tedeschi amano l’Italia, che è bella, calda e disordinata, cioè tutto il contrario della Germania, specifica in un articolo Linkiesta.
Eppure, è proprio sull’idea di una Germania nemica, terra ostile e anti-italiana, che si sta giocando gran parte della campagna elettorale per le elezioni europee, con Grillo e Berlusconi che si contendono a morsi il voto della paura per lo straniero.
Perché appunto in campagna elettorale, ma anche oltre, è importante “costruire” un nemico, un feroce saladino contro cui scagliare tutti gli strali e le ignominie, compresi i fallimenti, e che può avere la forma e le sembianze dei comunisti, dei governi procedenti, dei poteri forti, delle banche e degli alleati traditori e massoni.
E allora ecco, in occasione delle lezioni europee, i “vaffanmerkel” e le “crisi economica”, la “politica monetaria inefficiente” e la “disoccupazione giovanile”, l'”euro-pigrizia” e i “titoli di stato”, la “Bce” e il “debito pubblico insolvente”. Ma c’è pure e soprattutto una Germania che non esiste, quella che, secondo Berlusconi, è convinta “che i lager non sono mai esistiti”, mentre la storia dell’olocausto in Germania viene invece insegnata con accanimento sin dalle scuole elementari. E non c’è paese in Europa, spiega Linkiesta, che abbia fatto così tanto e dolorosamente i conti con la propria storia e con i propri orrori. Difatti mentre l’Italia seppelliva il ventennio autoassolvendosi nell’oltraggio al corpo morto di Mussolini, mentre i suoi intellettuali facevano il lungo viaggio attraverso il fascismo per arrivare indenni alla nuova repubblica “i furbissimi sempre a galla”– come li chiamava Ruggero Zangrandi – mentre il nostro paese rimuoveva, la Germania invece viveva il tormento della coscienza. E mentre in Italia nasceva Andreotti, la Germania rielaborava sé stessa e il suo lutto nazionale senza risparmiarsi nulla, con Adenauer e con Brandt. E così come in Italia la birra ancora oggi diventa una strana acquetta gialla, quella che in Germania era ed è la Cdu da noi divenne subito la Dc dell’eterno “Giulio”, del compromesso e della clientela, del bacia mano e della memoria corta, della mafia e degli accordi con i fascisti, che in Germania li mettono in galera non in Parlamento.
E poi l’occupazione sovietica, la vergogna, il rimorso, la separazione feroce dell’est dall’ovest…Fino a Thomas Mann, il più grande scrittore tedesco del secolo, che si rifiutò di rimettere piede in patria, «confesso di avere paura delle macerie tedesche, di quelle materiali e di quelle umane».
L’odiosa Merkel è la stessa donna che appena può va in vacanza a Ischia, o gira per i vicoli dei quartieri spagnoli, a Napoli, perché anche lei adora l’Italia, come gli altri dodici milioni di tedeschi che ogni anno vengono nel nostro paese.
Insomma, conclude Linkiesta.it, si può ridere dei tic e dei difetti dell’amato avversario, ma non si può odiare ciò che si ammira. E la Germania non è l’Europa, con i suoi guasti e le sue indifferenze, più di quanto non lo sia l’Italia stessa.
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