Non basta una laurea e neanche due. Adesso non serve più nemmeno l’abilitazione. Merito, sacrifici, costanza, oggi, non pagano. Ci vuole una certa dose di ottimismo per sperare che, forse, pagheranno domani. Anzi ci vuole quasi coraggio.
Gli abilitati del Tfa I e II ciclo, 33 mila in tutto, sono le vittime più silenziose e forse dimenticate della riforma della scuola voluta dal governo. Loro non rientrano nel piano di assunzioni annunciato da Renzi, sono tagliati fuori. Eppure sono l’eccellenza dell’università italiana. Eppure sono stati selezionati sulla base del fabbisogno nazionale attraverso tre prove durissime. Eppure sono stati formati alla didattica innovativa, alle più moderne tecniche di insegnamento, a una scuola nuova che sia veramente inclusiva, pluralista e multiculturale. Hanno svolto il tirocinio a scuola, frequentato lezioni e seminari, sostenuto esami, in tempi serratissimi, quasi frenetici.
Tutto questo pagando cifre dai 2600 ai 3000 euro. Perché così era previsto dalla legge, perché accedere al ruolo senza abilitazione non era possibile. Con la riforma appena approvata dal Senato è tutto diverso, si cambia rotta. Oltre al danno la beffa di far parte di un gioco di cui cambiano continuamente le regole. Dentro vincitori e idonei del concorso 2012, dentro gli abilitati SSIS. Fuori i tieffini.
A loro il governo lascia la magra consolazione della prospettiva di un concorso che, al momento, sembrerebbe riservato a TFA e Pas. Ma molte sorprese (e insidie) potrebbero essere dietro l’angolo. All’orizzonte, per gli abilitati Tfa, resta la prospettiva di una nuova selezione in base al merito – 60 mila in totale i posti previsti di cui il 40% a chi ha più di 3 anni di servizio – con ulteriore dispendio di risorse economiche e psicologiche. Per chi resta fuori meglio cambiare mestiere. Ma cos’altro resta da fare a un docente che ha investito 25-30 anni della proprio vita a studiare letteratura, storia, geografia, lingue o matematica se gli viene sbarrata la via dell’insegnamento?
E pensare che si parla tanto di valorizzazione del merito, di qualità della formazione e di competenza. Tutte cose che contano, dicono. Ma non oggi. Forse domani.
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