Mentre le scuole riaprono in modo graduale, dagli scienziati giungono indicazioni sempre più insistenti sulla bassa trasmissibilità del Coronavirus da parte degli alunni più piccoli, compresi quelli della primaria e di prima media: lo hanno fatto intendere gli esperti dell’Ecdc e dell’Oms. Ed ora a dirlo c’è pure uno studio condotto a giugno e luglio in Inghilterra dall’agenzia Public Health England sui bambini più piccoli di 131 scuole materne ed elementari.
La ricerca inglese ha riguardato oltre 12 mila bambini e operatori a cui è stato fatto un tampone.
In totale sono stati trovati solo tre positivi, tutti poco sintomatici o asintomatici, e in nessuno dei tre casi è stato dimostrato che l’infezione è avvenuta a scuola.
Gli stessi ricercatori inglesi hanno però tenuto a dire che i risultati non sono estendibili alle scuole di ordini superiori, soprattutto perché, a differenza dei bambini, i ragazzi diffondono il virus probabilmente quanto gli adulti.
C’è chi già è pronto a scommettere, tuttavia, che in generale tutte le scuole, quindi anche le medie e superiori, non sarebbero tra i luoghi dove si può favorire un nuovo boom di contagi: il dato si evince scorrendo diversi studi condotti svolti in questi mesi, soprattutto in Europa, ma anche dal fatto che laddove diversi Paesi hanno riaperto quasi subito gli istituti, non è emerso un aumento significativo dei focolai.
Inoltre, i test sierologici condotti su una parte del campione hanno evidenziato che la percentuale di positivi riflette quello della comunità di appartenenza, senza differenze per chi ha frequentato o no la scuola.
“Dalle evidenze che abbiamo finora sembra che i bambini fino a 12 anni abbiano in generale infezioni più blande, e siano molto meno contagiosi, mentre sopra questa età il comportamento del virus è simile a quello negli adulti”, ha detto il virologo dell’università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco.
Il virologo, però, ha anche ammesso che bisogna “avere una grande prudenza, e rispettare tutte le norme messe in campo per una riapertura in sicurezza. Ragionando in termini solo probabilistici, ad un aumento dei contatti corrisponde un aumento del rischio di contagi, e bisogna tenere conto del fatto che non c’è solo il rientro in aula, c’è tutto il contorno fatto ad esempio dei trasporti, o degli incontri tra i genitori”.
Secondo Pregliasco “bisogna prepararsi e comportarsi come se stesse per arrivare una seconda ondata, tenendo conto del fatto che questo rimane lo scenario peggiore che può verificarsi”.
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