Gli educatori denunciano ‘situazione scandalosa’

Da anni viene denunciata dai laureati di scienze dell’educazione e della formazione una situazione scandalosa che caratterizza la normativa sul profilo dell’educatore professionale.

L’Università di Roma Tre, nel 2011 è stata citata dallo studio Bonetti presso l’Authority della Concorrenza e del Mercato per pubblicità ingannevole e nei 2 anni successivi la stessa Università è stata chiamata in tribunale in due separati giudizi da 2 studi legali di Roma perché agli educatori professionali, con la laurea triennale L18 e L19, verrebbe negato l’accesso ai concorsi pubblici in Sanità e verrebbe negata la possibilità di lavorare nei servizi socio-sanitari nonostante ciò fosse scritto diversamente nelle Guide dello Studente e nell’Ordinamento didattico.

Negli anni scorsi molti educatori laureati, organizzatisi tramite i social network, hanno tentato di sensibilizzare sia il governo italiano, sia le associazioni europee degli educatori con una lettera plurilingue, per rappresentare l’ingiustizia insita in un profilo professionale che ha un solo nome ma che è sdoppiato in più corsi di laurea e in facoltà diverse, generando non solo pubblicità ingannevole, non solo discriminazioni occupazionali nelle scuole e nella sanità, ma anche una giungla di irregolarità nella stipula dei contratti di lavoro, nelle convenzioni e affidamenti di servizi al Terzo Settore da parte degli enti pubblici.

La giungla di irregolarità nel settore è aggravata anche dall’abusivismo esercitato da psicologi, assistenti sociali, infermieri e addirittura OSS che spesso occupano posti di lavoro dedicati agli educatori professionali. Ancora più grave è l’abuso nell’esercizio della professione da parte di coloro che, privi di titolo universitario o con titoli professionali non attinenti, svolgono impropriamente l’incarico di educatori con la complicità di cooperative sociali, associazioni e di funzionari pubblici preposti al controllo degli appalti sociali. E i fatti di cronaca che accadono di frequente nei servizi di cura, in ambito sociale, sanitario, scolastico e penitenziario, parlano chiaro: serve una legge per impedire che nei servizi socio-educativi rivolti a minori, a diversamente abili, anziani e riabilitazione psichiatrica lavorino abusivamente operatori privi di adeguata preparazione universitaria o regionale.

Il DDL 2656 a firma Iori- Binetti, di “disciplina delle professioni di Educatore e di Pedagogista” è stato licenziato dalla VII Commissione Cultura della Camera dei Deputati. Se fosse approvato così com’è dai due rami del Parlamento introdurrebbe il doppio profilo, quello di “educatore professionale socio-sanitario” e di “educatore professionale socio-pedagogico, senza che ve ne sia la necessità perché frammenterebbe l’essenza unitaria della professione.

Infatti esiste già una legge che riconosce l’educatore professionale come figura unica (il D.M. n° 520/1998 emesso ai sensi dell’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502). Inoltre nell’attuale proposta di legge Iori-Binetti la certificazione delle Università verrebbe barattata con la normazione U.N.I. contro le leggi europee e nazionali, le quali prevedono per i laureati triennali l’accesso alla professione e il riconoscimento professionale previa abilitazione conferita dallo Stato e non da un Ente di Certificazione.

Siamo quindi preoccupati per la direzione che ha assunto il DDL  perché ripropone la divisione dei profili professionali senza risolvere la confusione attuale nei servizi e nella formazione universitaria. Come si comporterà il Senato della Repubblica e le Commissioni Parlamentari nel ricevere un testo che frammenta la professione e la formazione degli educatori professionali?

La nostra professione non necessita di due percorsi universitari ma di uno solo perché una è la professione in tutti gli ambiti.

La legge in esame dovrebbe risolvere il problema creato dai Ministeri e dalle Università che hanno rilasciato lauree non omologate ovvero prive di abilitazione all’esercizio della professione, violando e disattendendo norme nazionali ed europee (L. 341/09, DM 509/99, 328/2000, DM 270/2004, Direttiva Europea 36/CE/2005, D.Lgv. 206/07).

L’attuale proposta di legge sembra tendere la mano a quelle cooperative che debbono risolvere il problema dei lavoratori privi di titoli o in possesso di titoli inadeguati. Sembra si voglia andare incontro alle esigenze imprenditoriali del Terzo Settore a discapito dell’utenza e della qualità dei servizi.

Inoltre il DDL Iori dovrebbe ovviare ad alcune carenze della legge cosiddetta della “Buona Scuola” la quale ha trascurato il ruolo e l’inserimento di educatori professionali negli istituti di ogni ordine e grado necessari a rispondere a tutti i bisogni educativi e pedagogici. E’ infatti paradossale rispondere impropriamente a tale varietà di bisogni con un intervento esclusivo e monopolistico degli psicologi.

Si scopre pure che nella legge sulla Buona Scuola (legge 107/2015), all’art. 1, commi 180 e 181 lettera e), l’educazione e la funzione educativa sono riconosciute dallo Stato quale quella esercitata nei Convitti ed Educandati. E le scuole di ogni ordine e grado, e le Sezioni Primavera e le Scuole dell’Infanzia?

In sostanza il nostro Stato riconosce la necessità e l’esercizio dell’educazione in istituzioni vecchie di oltre due secoli ereditate dal Regno di “Casa Savoia” senza mostrare nessuna consapevolezza della necessità che questa risorsa umana sia indispensabile in tutto il sistema scolastico. E dove viene relegata la risorsa degli educatori professionali da impiegare direttamente nella scuola dopo anni di studio e formazione? Alle partite IVA, tramite appalti dei Comuni e delle ex-Province e magari anche con i voucher.

Abbiamo la netta impressione che agli educatori professionali stiano togliendo prima di tutto il diritto all’autonomia e all’indipendenza professionale e il diritto ad essere inseriti nella scuola dopo che, per oltre 15 anni, sono stati esclusi dai concorsi presso le Asl e dal lavoro in strutture sanitarie e socio-sanitarie e sociali con giustificazioni paradossali.

Il DDL all’esame del Parlamento tende a riconoscere come educatori professionali anche gli “educatori generici”, cioè coloro che pur non avendo un titolo hanno solo la formazione sul campo di tre anni. Sarà loro sufficiente frequentare un solo anno universitario e ottenere così il conferimento della laurea in Scienze dell’Educazione. L’attribuzione di “scienziato” dell’educazione con un anno di università è un insulto rivolto a chi si iscrive al corso di laurea triennale. Sembra quasi un premio a chi per anni non ha rispettato le leggi sugli accreditamenti collocando personale privo di titolo per meglio risparmiare e/o ricattare dal punto di vista occupazione. Riteniamo profondamente ingiusto che migliaia di educatori laureati con 3, 4 e 5 anni di laurea, siano stati costretti a lasciare i posti di lavoro solo perché, secondo le Regioni, non erano in possesso di “laurea sanitaria” – per altro mai sancita – mentre gli stessi sistemi sanitari regionali erano compiacenti nel mantenere i soggetti senza titolo e senza abilitazione.

Gli articoli della proposta che introducono il doppio profilo professionale dell’educatore (“socio-pedagogico” e “socio-sanitario”, nonostante da 15 anni si chieda il contrario, vanno cancellati e favorito il ripristino della’essenza unitaria della professione attraverso la modifica del Decreto Ministeriale 520/98, che ha giustamente riconosciuto l’unicità del profilo dell’educatore professionale ma lo aveva erroneamente inquadrato tra le professioni paramediche a causa delle aspirazioni economico-contrattuali della prima associazione di categoria la quale ha esercitato le sue pressioni sindacali e politiche.

Pertanto ci appelliamo ai componenti delle altre Commissioni della Camera e alla Commissione Cultura del Senato, ma anche alle firmatarie della proposta di legge perché valutino attentamente la necessità di cambiare il testo rendendolo strumento normativo di modifica e superamento della legge 520/98.

In che modo? Non duplicando il profilo dell’educatore professionale ma costruendo un unico profilo fuori dall’alveo delle professioni sanitarie paramediche. Serve urgentemente un’autonomia integrale e integrata secondo lo spirito della legge 328/2000 per l’esercizio delle attività educative in tutti gli ambiti (dal sociale al sanitario). Infatti, la legge quadro di riforma dei servizi sociali del 2000 prevede lo sviluppo e l’implementazione di servizi integrati e di profili professionali socio-sanitari. Non si capisce perché le figure con le quali lavoriamo, come psicologi, assistenti sociali e infermieri, abbiano profilo e formazione unica e autonoma oltre che provviste di Albo, mentre per noi educatori questo principio non lo si voglia applicare e si miri, invece, a indebolirne la coesione.

L’esito finale della Proposta di Legge Iori sarà fondamentale per la qualità dei servizi socio-educativi e di riabilitazione e per la qualità della formazione universitaria. A nostro avviso, se questo Disegno di legge non venisse rivisto, apparirebbe un modo per raggirare le norme sugli accreditamenti dei servizi, le norme sulle professioni senza albo e apparirebbe anche un modo per favorire altri profili a discapito degli educatori. Insomma ci sarebbe la moratoria delle violazioni delle norme sugli accreditamenti con l’impiego abusivo di educatori generici che non può passare sotto silenzio. In conclusione, riteniamo che la proposta di legge 2656 a firma Iori e altri dovrebbe puntare alla regolamentazione e alla trasparenza, e non alla legalizzazione del caos esistente.

Educatori Professionali 
Dr. Domenico Ciardulli,  Management dei Servizi Sociali ad Indirizzo Formativo Europeo
Dr. Graziano Ruggiero,  Portavoce del Gruppo Facebook

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