Vivere la maturità dall’altra parte della cattedra è un’emozione particolare, forse perché come ci sentivamo non l’abbiamo mai dimenticato, forse perché quella canzone “Notte prima degli esami” ci è rimasta dentro, appesa a qualche urlo liberatorio in una notte d’estate.
In Sicilia l’anno della maturità faceva un caldo pazzesco, era l’estate più calda di tutte, come sempre.
Ripassavo in balcone, mi lamentavo, non sopportavo le voci dei ragazzi che giravano tra le strade, non sopportavo il rumore dei motorini truccati che passano sotto casa mia, lo guardo preoccupato di mia madre che da voleva rassicurarmi. Io, testa abbassata sui libri, ripassavo e basta, cosa… non lo sapevo neanch’io.
La sera prima della prova di italiano ero particolarmente agitata. Ci tenevo a dare il meglio di me. Ho scelto l’ambito storico/politico, una frase di Nietzsche sulla memoria storica.
Quell’anno avevo divorato tanti libri sull’argomento e sentivo su di me il peso delle scelte che cambiano il mondo. Noi così ci sentivamo, parte di un mondo da cambiare.
Ci hanno riempito di sogni per farci vomitare realtà.
Con nostalgia leopardiana e spirito etico ho svolto la prima traccia senza eccessivi problemi, beata incoscienza. Sono andata a rileggerla oggi, 20 anni dopo, è stata una follia. Sì, ero decisamente pazza.
Ma è così che bisogna sentirsi a quell’età: abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo.
Ora sono dall’altra parte della cattedra, ora li guardo i ragazzi e cerco nei loro occhi la stessa voglia.
A volte vedo noia, altre paura, altre passione.
Quest’anno è la mia prima maturità a contatto con mondo autistico che mi ha stravolto di novità e soddisfazioni. Ho imparato a comunicare con gli occhi, a fidarmi delle sensazioni. Ho imparato a sentire anche senza toccare e a fidarmi di ciò che credo sia vero. Ho imparato a riconoscere l’origine dei movimenti corporali e a dar loro una chiave di lettura specifica. Ho imparato che se la penna è nera è nera e non può essere di nessun altro colore. Ho imparato che i cerchi in cima al quaderno danno inizio agli appunti e adesso rassicurano pure me.
Ho scandito un ritmo diverso dal mio che mi ha fornito occhi nuovi per osservare il mondo. E’ stato come guardare il mare da un’altra prospettiva e capire che le onde non sempre seguono una linea precisa per arrivare a riva, e che non tutte seguono nella stessa direzione. Alcune fanno percorsi diversi, più lunghi, più brevi, alcune saltano passaggi, altre scompaiono per un po’ e poi ritornano ma tutte mirano alla riva, alla spiaggia, tutte cercano di arrivare.
Per domani sono più agitata io, forse.
Questo viaggio si concluderà con uno sguardo muto, quello sguardo che non dice nulla ma sa comunicare meglio di queste parole.
In bocca al lupo ragazzi.
Anna Tallo
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