Secondo le considerazione di Guglielmo Malizia spetterà quindi non solo agli insegnanti di religione cattolica,“ma all’intera equipe educativa e alla collaborazione dei genitori offrire un percorso di formazione religiosa con taglio culturale, attento alla dimensione educativa, in grado di recepire il cammino personale di ciascuno e nello stesso tempo coerente con l’ispirazione globale del progetto scolastico e formativo”. Concretamente, ciò vuol dire che “gli insegnanti di religione cattolica – continua il rapporto – devono avere gli stessi requisiti dei loro colleghi di scuola statale, gli stessi titoli di qualificazione e partecipare a specifiche ma equivalenti iniziative di formazione e aggiornamento”. Una novità di questo Rapporto rispetto ai precedenti è costituita dalla terza parte del volume, in cui si è voluto dare un taglio più pratico e concreto, puntando a offrire un servizio diretto agli operatori della Scuola Cattolica. In questo caso si è pensato al dirigente, al collegio dei docenti, ai genitori e agli studenti in quanto attori del processo che porta ogni anno all’elaborazione del piano formativo.
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Gli insegnanti di religione cattolica chiedono una “migliore formazione”
Gli insegnanti cattolica di religione fanno autocritica ed auspicano una maggiore preparazione attraverso un migliore “formazione iniziale e innovando in prospettiva la formazione in servizio”. E’ quanto si legge nel volume del Centro Studi per la Scuola Cattolica “Educazione religiosa Scuola Cattolica in Italia. Settimo Rapporto”, edito da La Scuola di Brescia a cura di Guglielmo Malizia. Il Rapporto offre in primo luogo un contributo a una migliore conoscenza dell’insegnamento della religione nella Scuola Cattolica grazie all’indagine che è stata realizzata tra il 2003 e il 2005 su un ampio campione nazionale di insegnanti di religione di tutti gli ordini e gradi del sistema educativo di istruzione e di formazione. Dal Rapporto si evidenzia la necessità di un miglioramento dell’informazione sulle riforme in atto, di un inserimento più “armonico” e meglio progettato dell’Irc nelle finalità della scuola, di una maggiore responsabilizzazione degli insegnanti e di una verifica più efficace della loro professionalità.
“La Scuola Cattolica – si legge nel Rapporto – è tale solo se accetta la prospettiva dell’evangelizzazione; una mancata attenzione a ciò, anche solo per trascuratezza e superficialità, rende più o meno nominalistica la qualifica di cattolica. Nella circolarità della loro correlazione, l’evangelizzazione va pensata come meta, l’educazione religiosa come metodologia e l’Irc come modalità qualificata e specifica di attuazione. In relazione a questa prospettiva va dunque sostenuto con chiarezza che l’educazione religiosa è componente essenziale di qualsiasi istituzione scolastica e formativa – statale o cattolica – in quanto orientata a comporre scienza e vita e a riscoprirvi una dimensione sapienziale. Se la scuola è luogo di formazione integrale della persona attraverso l’assimilazione sistematica e critica della cultura, non può trascurare la dimensione religiosa, sia per la sua valenza culturale che educativa”. In altre parole, secondo il Centro Studi se il compito istituzionale della scuola “è quello di promuovere una cultura educativa in grado di collegarsi allo sviluppo personale di ogni singolo alunno e, nello stesso tempo, farlo evolvere nella direzione di una creatività sociale e autenticamente democratica”, diventa fondamentale “il riferimento ineludibile ad una determinata concezione della vita; se non altro”questo modello diventerebbe utile “per conferire unità all’insegnamento, e la conseguente necessità che la scuola metta a confronto il proprio programma formativo, i contenuti e i metodi con la visione della realtà a cui si ispira e dalla quale tutto nella scuola dipende”.