“In Italia gli insegnanti si mostrano spesso riluttanti nei confronti di nuove tecnologie e libri digitali, soprattutto i più anziani che fisiologicamente hanno meno confidenza con questi nuovi sistemi, il che è curioso e paradossale in questa prima fase di cambiamento: i libri digitali sono pensati per facilitare e supportare i docenti molto più di quanto avvenga per gli stessi studenti. Questo inevitabilmente provoca una frattura, da una parte dirigenti e studenti, dall’altra gli insegnanti.”
“E allora”, continua Lombardi, “si impone una riflessione: che le nuove tecnologie debbano essere viste come un aiuto e una nuova possibilità di insegnamento per i docenti è un dato di fatto, e bisogna sforzarsi a tutti i livelli di fare arrivare questo messaggio dentro le scuole di tutto il paese. Ma è altrettanto un dato di fatto che opporsi alle nuove tecnologie è una forma mentis che alla lunga penalizzerà soprattutto gli studenti italiani”.
“Le esigenze del mondo del lavoro vanno di pari passo con l’acquisizione di professionalità legate alle nuove tecnologie. Uno studente che sfrutta appieno le nuove tecnologie durante il suo percorso scolastico, sarà in futuro un uomo adulto sempre in grado di stare al passo con i costanti cambianti e le prospettive tipiche del mondo del lavoro nella società moderna”.
“Un ragazzo”, sostiene Antonio Lombardi, “che nel 2012 va a scuola tutte le mattine è abituato a un mondo multimediale e interattivo: accede a internet, scarica le app sul proprio smartphone, ha in casa una consolle per i videogiochi, chatta ed è aggiornato in tempo reale su ciò che avviene nel mondo. Quando entra in aula, passa di fatto da un mondo che, da caleidoscopico e ricco di sfumature colorate, si trasforma in bianco e nero. Passa da un ambiente dinamico a un ambiente assolutamente statico. La scuola rischia di diventare quanto di più lontano esista non solo dalla sua immaginazione, e quindi dal suo piacere, ma anche dalle sue esperienze quotidiane. Ed è uno dei motivi per cui sempre più insegnanti faticano a catturare l’attenzione, la concentrazione e la dedizione allo studio delle loro classi”.
Per Antonio Lombardi, “i docenti dovrebbero perciò accogliere questo cambiamento non come una rivoluzione tecnologica, ma come un’innovazione. Che consentirà loro di essere più vicini alle esigenze dei ragazzi, aiutarli nell’insegnamento delle materie più ostiche, seguirli passo dopo passo nello sviluppo di nuove tecniche didattiche e di apprendimento. In altre parole, un’innovazione pensata e sviluppata perché possano lavorare al massimo delle loro possibilità”.
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