Verrebbe da rispondere sbrigativamente: nessuno lo crede veramente. D’altronde appena qualche settimana fa il Governo ha dovuto fare dietrofront sull’emendamento quota 96, che a partire dal primo di settembre avrebbe mandato in pensione 4 mila insegnanti, proprio per mancanza di un’adeguata copertura economica, come è possibile che adesso abbia trovato così tanto denaro da investire sulla scuola? Sembra tutto così strano, così poco chiaro, come se il nostro premier ogni tanto le sparasse grosse e poi non fosse capace a mantenere le sue promesse. Tuttavia gli insegnanti sembrano essere fiduciosi e per adesso sospendono il giudizio sul Governo Renzi, sperando che le sue promesse sulla scuola si realizzino al più presto. D’altronde a parole Renzi ha sempre detto che la scuola è al centro del suo programma, lo disse anche nel discorso alle Camere quando chiese la fiducia per il suo esecutivo: “Noi pensiamo che non ci sia politica alcuna che non parta dalla centralità della scuola”.
In quel discorso disse anche che: “Ci sono fior di studi di economisti che dimostrano come un territorio che investe in capitale umano, in educazione, in istruzione pubblica è un territorio più forte rispetto agli altri”. Dobbiamo dare atto al Presidente del Consiglio che ha sempre coerentemente promesso investimenti importanti per la scuola e per la valorizzazione dei docenti. Per adesso le parole sono rimaste tali, tra un tweet ed un altro nulla è stato fatto di concreto sulla scuola. In buona sostanza il Governo Renzi deve essere ancora giudicato dagli insegnanti che per adesso, cautamente e pazientemente, hanno sospeso il giudizio in attesa di esaminare a fondo i fatti del prossimo Consiglio dei ministri. Sarà in quella occasione che sarà dato un giudizio definitivo. Sarà un giudizio positivo o negativo? Questo non è dato saperlo, certamente gli insegnanti saranno intransigenti e non faranno sconti a Renzi e al ministro Giannini. Certo è che le indiscrezioni sui provvedimenti che verranno presi sulla scuola e sui docenti non sono certamente incoraggianti. Si parla dell’ennesimo blocco biennale degli scatti di anzianità, che sta diventando come la tela di Penelope che viene disfatta la notte per essere rifatta di giorno. Certamente il blocco biennale del contratto non sarà ben digerito dagli insegnanti, che tra l’altro hanno avuto una decurtazione del fondo d’Istituto del 50%, proprio per sanare i blocchi degli scatti di anzianità attuati dai governi precedenti. Si parla anche della riduzione di un anno della scuola secondaria di secondo grado che produrrà a regime il taglio di almeno 45 mila cattedre. Anche questo provvedimento non sarebbe gradito agli insegnanti che si troveranno anche a dovere garantire gli stessi programmi in 4 anni anziché in 5.
Tra i provvedimenti di cui si parla e che gli insegnanti non vedono di buon occhio, c’è l’attuazione di un’effettiva autonomia scolastica. Quindi tradotto in termini semplici questo significherebbe maggiori poteri decisionali ai dirigenti scolastici e minori spazi di contrattazione. Secondo le linee guida sulla riforma della scuola, la valorizzazione della professione docente e quindi di alcuni insegnanti dipenderà prevalentemente dai maggiori poteri assegnati ai dirigenti scolastici. Cosa significa questo? Che sarà il Ds a decidere chi merita tra gli insegnanti riconoscimenti giuridici ed economici.
Questo è un altro punto controverso che non piace agli insegnanti. Staremo a vedere l’evoluzione di questa riforma quale sarà, ma resta il fatto che da un giudizio sospeso si passerà alla valutazione definitiva di questo Governo e se questa non sarà positiva assisteremo a manifestazioni di piazza e a scioperi unitari.
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