Ogni giorno i fatti cronaca mettono sul banco degli imputati gli insegnanti. L’ultimo riguarda la morte di uno studente di 16 anni. La causa: il suo dondolamento su una sedia probabilmente già compromessa nella sua funzionalità. Bene, per questo evento è stato notificato all’insegnante un avviso di garanzia. Stessa notifica è stata recapita al Dirigente Scolastico e al responsabile della sicurezza. Qualcuno dirà: “Mal comune, mezzo gaudio”.
Non credo che il detto possa alleviare la solitudine del docente di fronte all’evento tragico. Insegnante, tra l’altro, che si era attivato immediatamente con la procedura di primo soccorso. Cos’altro poteva fare? Probabilmente aveva ripreso più volte il ragazzo quasi maturo a non dondolarsi sulla sedia.
Eppure, i giudici lo hanno convocato. Affermano che l’avviso di garanzia è un atto dovuto. Una considerazione: ” la culpa in vigilando” che deriva dall’art 2048 del Codice Civile espone gli insegnanti ogni giorno a possibili denunce. Egli deve dimostrare che l’evento era imprevedibile e inevitabile.
Questi criteri sono consegnati all’interpretazione dei giudici, i quali quasi sempre accolgono uno o più elementi, presentati dalla controparte e che che alza un “pochino” il grado di prevedibilità o di inevitabilità dell’evento. Risultato: l’insegnante spesso e volentieri è citato in giudizio dall’ Amministrazione a contribuire alle spese di copertura del danno. Da qui la nostra condizione di pubblici ufficiali sotto assedio. Condizione che ci costringe a difenderci. Un esempio:: non aderire a iniziative extrascolastiche come i campiscuola.
Ma la condizione di assedio prosegue anche quando le menti geniali del Miur sfornano nuovi acronimi, quali Bes, Dsa, senza preoccuparsi se la didattica inclusiva che ne deriva è fattibile in classi pollaio o superpollaio ( situazione che si crea con il divieto renziano di nominare il supplente il primo giorno di assenza del titolare ).
E l’insegnante cosa fa? Compila i moduli e i modelli che lo “proteggono da un’eventuale omissione verso il suo dovere”. Poi quando entra nella sua classe superaffollata e prova a tradurre quotidianamente la didattica si rende conto che gli obiettivi sono irrealizzabili. Da qui la sensazione di sentirsi “sotto assedio” , attraverso una serie di richieste sempre in aumento e provenienti da più soggetti come la famiglia, la società o l’Amministrazione e che spesso risultano inconciliabili tra loro. Infine l’insegnante sente sotto assedio, sotto attacco il suo diritto a una retribuzione adeguata e aggiornata, visto che da sette anni ha l’adeguamento stipendiale bloccato. Infine l’insegnante sente sotto attacco la propria dignità di lavoratore, quando il governo Renzi propone un rinnovo contrattuale di quasi 4 €.
Concludendo: non è un buon momento per la scuola, ma direi per il futuro di questo Paese, ormai annullato da un “eterno presente”.
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