Il rapporto del 13 luglio 2020 (e reso noto il 13 febbraio scorso) del Comitato Tecnico Scientifico, istituito dal Ministero dell’Istruzione, che dovrebbe orientare le politiche scolastiche del prossimo decennio, individua gli Istituti Tecnici Superiori come strumento fondamentale per superare il gap di competenze che ci separa dagli altri Paesi europei.
Per il nostro Paese, caratterizzato da un alto tasso di disoccupazione, diventa una lodevole e necessaria intuizione che permetterebbe di affrontare e superare l’atavico mismatching, odisallineamento tra la domanda di lavoro qualificato richiesta da parte del nostro apparato produttivo e l’offerta formativa, considerato che il 94% dei giovani diplomati riescono a inserirsi nel mondo del lavoro entro il primo anno dell’acquisizione del diploma.
Gli I.T.S., Istituti ad alta specializzazione tecnologica, post-secondari, previsti dalla Legge 296 del 2006, costituiscono la prima esperienza italiana di formazione terziaria, non accademica, che intende rispondere alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze tecniche e tecnologiche per promuovere processi di innovazione, realizzati secondo il modello organizzativo della Fondazione di partecipazione in collaborazione con imprese, università, centri di ricerca scientifica e tecnologica, enti locali, sistema scolastico e formativo.
Sono sei i settori di intervento degli I.T.S. strategici per lo sviluppo e la competitività del sistema produttivo italiano del prossimo futuro: (Efficienza energetica; Mobilità sostenibile; Tecnologie della vita; Nuove tecnologie per il Made in Italy; Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali; Tecnologie dell’informazione e comunicazione).
Gli ITS si ispirano a modelli consolidati in altri Paesi europei come a esempio le Fachhocschulen tedesche, le “Scuole Universitarie Professionali” svizzere, i percorsi per il Brevet Technicien Supérieur o per il Diplome Universitaire de Technologie in Francia.
La bontà ed il successo occupazionale degli ITS sono nel modello formativo che si ispira ad una didattica integrata che vede protagonisti Scuola e Imprese: i docenti provengono almeno per il 50% dal mondo del lavoro e delle professioni; il 30% delle ore complessive vengono svolte in stage laboratoriale con relativa attività di coaching e mentoring per un orientamento continuo e assistenza per l’accesso al mondo del lavoro
Ai percorsi formativi degli I.T.S, di durata biennale o triennale (4/6 semestri, per un totale di 1800/2000 ore), possono iscriversi, a seguito di un iter di selezione, i giovani e gli adulti già in possesso di diploma di istruzione secondaria superiore.
Attualmente sono 104 gli I.T.S. presenti nel territorio, correlati alle 6 aree tecnologiche considerate “strategiche” per lo sviluppo economico e la competitività del Paese.
La maggior parte degli I.T.S. è localizzato in Lombardia (20); seguono Campania (9); Emilia Romagna, Lazio, Piemonte, Toscana e Veneto con 7 I.T.S.; Puglia con 6 I.T.S.; Sicilia e Calabria con 5 I.T.S; Marche, Liguria, Friuli Venezia Giulia e Abruzzo con 4 I.T.S, Sardegna con 3 I.T.S. con un totale di 473 percorsi attivati e 11.572 iscritti.
Gli I.T.S. ottengono un buon successo occupazionale dovuto a tre ragioni. Innanzitutto, essi si collegano ad un bisogno reale delle imprese e quest’ultime, oltre ad essere partners, svolgono un ruolo importante nella progettazione di percorsi in relazione alle figure nazionali di riferimento che possono essere declinate a livello territoriale. Una seconda ragione di successo è testimoniata dall’uso di metodologie didattiche che sono lontane dal modello trasmissivo basato sulla lezione frontale ma che si fondano sullo studio di casi aziendali collegati, grazie alla presenza di esperti, in qualità di docenti, al mondo del lavoro. Una terza ragione di successo è lo stage, il core dell’I.T.S., in quanto è particolarmente gradito agli studenti per l’opportunità che offre di fare un’esperienza prolungata in azienda.
Gli I.T.S. sono, pertanto, da considerarsi come un network per promuovere innovazione nel panorama della piccola e media impresa italiana e come un attrattore al fine di un potenziamento dei percorsi formativi nelle tecnologie abilitanti 4.0, realmente applicabili all’interno dei contesti aziendali.
Uno sguardo all’Europa ci fa cogliere i ritardi del nostro sistema formativo terziario e la scarsa attrazione verso esso considerato che solo lo 0.01 dei giovani tra i 18 e i 25 anni scelgono gli Istituti Tecnici Superiori per la prosecuzione della loro formazione, spesso poco conosciuta dagli studenti, dagli stessi docenti preposti all’orientamento e dalle famiglie tanto è vero che il nuovo Ministro pensa di cambiare anche il nome in “Istituti Superiori di Tecnologie applicate” per evitare che i percorsi degli ITS siano confusi con la formazione offerta dagli Istituti Tecnici del secondo ciclo.
Alla luce di queste riflessioni e considerazioni e nell’ottica di un apprendimento permanente gli I.T.S. sono da considerarsi una risorsa fondamentale ed un’occasione importante al fine di far interagire la comunità scolastica con il sistema delle imprese, in quanto in grado di fornire, attraverso percorsi di alternanza scuola-lavoro ben calibrati ed una didattica esperienziale, incentrata sull’azione diretta e sulla sperimentazione di compiti e ruoli funzionali a quelli della realtà lavorativa, conoscenze, competenze e strategie per affrontare le sfide future in un mondo globalizzato ed in continuo cambiamento.
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