Politica scolastica

Gli Organi Collegiali compiono 50 anni: da rivedere?

A cinquant’anni dagli organi collegiali, di cui ormai si conoscono limiti e fragilità, fra cui i ristretti poteri decisionali, soprattutto per quanto riguarda le risorse da gestire all’interno delle scuole, ma pure di personale e finanziarie, mentre un certo sindacalismo ha finito per demotivare i diversi soggetti, cosicché oggi le elezioni si trascinano, ma senza indurre nessuno a mettere mano a una loro revisione, appare urgente consolidare il rapporto tra scuola e famiglie in modo da riorientare verso la collaborazione i conflitti che esplodono sempre più numerosi nelle scuole.

Secondo una nota di “Educazione 2.0”, deve essere valorizzato lo statuto degli studenti e delle studentesse non solo per una discussione astratta sui diritti e doveri, ma perché sia la guida al proprio comportamento ed un primo efficace approccio all’assunzione di un ruolo istituzionale.

Se è impossibile tornare alle sanzioni disciplinari e ai cinque in condotta ed evitare le degenerazioni delle occupazioni, occorre un lavoro motivante ed efficacemente inserito in una comunità scolastica e civile.

Gli organi collegiali in modo particolare debbono innanzitutto essere restituiti alla sostanza pedagogico-didattica della loro funzione, eliminando tanta burocrazia; e poi trasformare il consiglio di classe in un vero team di progettazione didattica e di tutoraggio per gli studenti, mentre il collegio dei docenti può funzionare perlopiù in modo articolato, lasciando solo a momenti topici per la gestione dell’istituto la decisione collegiale.  

La valutazione degli allievi dovrebbe servire per descrivere i livelli di apprendimento e aiutare all’orientamento piuttosto che un tribunale chiamato alla fine ad ammettere o meno alla classe successiva, mentre dal lato dei docenti andrà superato il comitato di valutazione che agisca su richiesta degli stessi.

Andrebbe inoltre riavviata e rivista in modo approfondito la valutazione dell’insegnamento, all’interno di quanto già previsto nel Sistema Nazionale di Valutazione, ma che finora ha sortito ben pochi risultati. 

 In conclusione – si legge su Educazione 2.0– forse si potrebbe ripartire dal nuovo art. 117 della Costituzione per definire in capo allo Stato le “norme generali”, alle Regioni la programmazione del servizio, comprensivo delle necessarie risorse, alle scuole e agli enti locali la gestione dei processi. Se ancora una volta la politica resterà a guardare, sarà possibile che la società civile, come avvenne nel 1974, ritrovi la necessaria motivazione per mobilitarsi nuovamente? Oppure ci dovremo rassegnare ad una democrazia digitale.   

Pasquale Almirante

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