Questa volta la regione Emilia Romagna non ce la fa e perde il ricorso presentato due anni fa contro l’articolo 35 della legge finanziaria del 2003. Esattamente un anno fa la stessa regione vinceva un ricorso analogo grazie ad una sentenza con la quale la Corte Costituzionale stabiliva che l’organizzazione della rete scolastica e la distribuzione degli organici nel territorio regionale sono compiti e funzioni di cui le regioni non possono essere espropriate.
In quest’ultima circostanza la regione Emilia-Romagna aveva sollevato il problema della stessa definizione degli organici del personale.
Il problema riguardava in particolare la previsione del 2° comma dell’art. 35 della legge finanziaria del 2003 relativa alla riduzione del 6% della dotazione organica dei collaboratori scolastici da conseguire nel triennio 2003/2005.
Secondo la regione la norma sarebbe stata incostituzionale in quanto avrebbe determinato una riduzione dell’organico dei collaboratori scolastici "in astratto", quale pura misura di risparmio, senza un collegamento con le necessità razionalmente accertate.
La regione contestava anche la norma che riconduceva a 18 ore settimanali tutte le cattedre costituite con orario inferiore all’orario obbligatorio d’insegnamento dei docenti.
Secondo la regione tali norme non lascerebbero "alcuno spazio alla potestà concorrente della Regione nel determinare il livello del servizio scolastico, né all’autonomia stessa delle istituzioni scolastiche".
La Corte Costituzionale non ha avuto dubbi e con una sentenza piuttosto lineare ha chiarito che la disposizione impugnata dalla regione "detta una norma di contenimento della spesa pubblica attraverso la contrazione graduale degli organici di personale che è alle dipendenze dello Stato, sicché un tale intervento deve essere ascritto alla materia dell’ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato, di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione".
Analogamente la norma relativa alle 18 ore non mette in discussione né l’erogazione del servizio scolastico né tanto meno gli spazi di autonomia delle scuole.
"L’autonomia delle istituzioni scolastiche – chiarisce infatti la Corte – non può in ogni caso risolversi nella incondizionata libertà di autodeterminazione, ma esige soltanto che a tali istituzioni siano lasciati adeguati spazi che le leggi statali e quelle regionali, nell’esercizio della potestà legislativa concorrente, non possono pregiudicare".
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