Il presidente dell’Ordine degli psicologi, in una intervista a Repubblica spiega: “Gli adolescenti ritengono che quando l’epidemia sarà passata la loro vita non tornerà come prima. I genitori ci chiedono sempre più spesso aiuto e sono preoccupati come i figli”
“Stare in classe non è solo studiare, i giovani in casa diventano più apatici e irritabili. La didattica digitale è meglio di niente, ma è un palliativo. Il guaio è che è stata portata avanti troppo a lungo”.
“Quanto dovrebbe durare? Il limite dovrebbe essere due-tre mesi, non di più. L’apprendimento non è meccanico, si impara se c’è un clima psicologico favorevole”.
Sulla stessa linea Giuseppe Riva, direttore del Laboratorio Sperimentale di Ricerche Tecnologiche applicate alla Psicologia di Auxologico e professore ordinario di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano: “L’isolamento e la didattica a distanza hanno un impatto significativo sulla vita degli adolescenti. La didattica a distanza ha tolto il legame con il luogo fisico della classe e questo porta i ragazzi a sentirsi più soli”.
“Le relazioni online sono molto diverse da quelle faccia a faccia e questo, alla lunga, può creare un senso di disorientamento e di disagio. Anche la loro efficacia è inferiore, perché non si riesce a creare una relazione tra docente e studente che passi attraverso la comunicazione non verbale e lo stesso vale per la classe, non si riesce a creare con la classe una relazione che supporti l’attività didattica”.
Tuttavia, precisa il prof Riva, secondo quanto si legge su Aska: “è indubbio che la didattica a distanza è diversa da quella tradizionale in presenza” con il “rischio di passare le giornate ad ascoltare cose che dimenticheremo molto in fretta”.
Il disagio psicologico da parte degli adolescenti, spiega ancora, è visibile attraverso due comportamenti. Il primo è “l’isolamento sociale: molto spesso l’adolescente compie un vero atto di ritiro sociale e si rifiuta di uscire e incontrare gli amici”; il secondo è “l’elevato numero di ore passate ad interagire con la tecnologia; davanti a una situazione di difficoltà, di complessità, l’adolescente preferisce chiudersi nella propria individualità piuttosto che uscire nel mondo reale e accettare le sfide della vita quotidiana”.
Questo porta a “ricordare ai ragazzi che la didattica a distanza è una didattica formale, questo vuol dire che si devono preparare come se dovessero andare a scuola. Fare DAD in pigiama non è un segno di rispetto nei confronti dei compagni e dei docenti. Inoltre bisogna ricordarsi di accendere la telecamera per permettere ai docenti e ai compagni di creare una relazione con noi. Un ultimo elemento importante è avere un luogo stabile in cui fare la formazione a distanza”.
Quando tutto sarà finito, “il modo migliore per affrontare il ritorno alla “normalità” è ricominciare a svolgere attività in compagnia di altre persone, tornare a scuola, al lavoro…È importante non abbandonare mai del tutto le relazioni e mantenere sempre i contatti”.
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