L’anzianità di servizio è, per la carriera di un insegnante, una vera e propria ricchezza professionale. Bisogna comprendere che l’esperienza e la competenza di un docente, è, molto spesso, direttamente proporzionale all’anzianità di servizio.
Per esempio un insegnante di latino e greco in un liceo classico o uno di matematica e fisica in un liceo scientifico che abbiano accumulato un’esperienza decennale in queste tipologie di scuole e di insegnamenti, hanno dovuto necessariamente acquisire nel corso degli anni una competenza didattica ed educativa, sempre crescente, che è giusto riconoscere anche economicamente.
L’anzianità di servizio è dunque garanzia di miglioramento dell’offerta didattica e questo è un dato evidente che dovrebbe essere chiaro a tutti gli esperti di scuola.
Nei primi anni 2000, con alcune ordinanze ministeriali relative a corsi abilitanti, si è avuta dimostrazione pratica del valore aggiunto dell’anzianità di servizio svolta in una data disciplina.
In quegli stessi anni si sono dati casi di insegnanti di ruolo nelle scuole primarie, che magari avevano acquisito un’anzianità di servizio in quell’ordine di scuola anche ventennale, che – a causa della propria inesperienza – si sono trovati in difficoltàad insegnare in un liceo classico latino e greco o storia e filosofia.
La stessa cosa è successa per chi aveva un’anzianità di servizio di alcuni lustri in matematica alle scuole medie ed è passato di ruolo ad insegnare matematica e fisica nei licei scientifici. Quei corsi abilitanti che hanno consentito migliaia di passaggi di ruolo e di cattedra hanno svalutato pesantemente il valore dell’anzianità di servizio didattica, facendo credere che un docente può insegnare tutto a prescindere dalle sue competenze acquisite e dal suo servizio pregresso.
In buona sostanza esiste la convinzione che una buona didattica, ricca di competenza e conoscenza è strettamente legata all’anzianità di servizio specifica. Al contrario, si pensa anche che l’inesperienza didattica sulla specificità degli insegnamenti, possa essere un fattore di debolezza e criticità.
Questi sono i motivi che ci fanno comprendere come l’anzianità di servizio e in particolare quella svolta negli insegnamenti specifici, deve essere il valore primario per premiare un docente.
Ecco perché gli scatti non vanno assolutamente tolti ma vanno pagati. Infatti essi rappresentano oggettivamente la competenza didattica acquisita in servizio. Il nuovo ministro dell’Istruzione Stefania Giannini farebbe un errore storico a cancellare gli scatti di anzianità, considerandoli un semplice automatismo e poco stimolante. Togliere gli scatti sarebbe come perseverare con l’errore dei corsi abilitanti che hanno permesso a tanti insegnanti privi di esperienza specifica di fare il salto triplo carpiato, passando dalla primaria al liceo o più raramente il viceversa. Semmai per cambiare verso a questa logica perversa, si potrebbe legare l’anzianità di servizio all’insegnamento specifico della specifica disciplina, incentivando così la specificità dell’insegnamento, in modo da elevare il successo formativo. I trasformismi didattici dell’era berlingueriana, quando gli insegnamenti specifici sono stati poco considerati, hanno abbassato di molto le competenze didattiche e di conseguenza gli apprendimenti degli studenti, che sono verticalmente precipitati nelle classifiche Ocse.
Tutto ciò vuole essere per il nuovo Ministro un elemento di riflessione. Su queste considerazioni ci poniamo una domanda: “Forse l’anzianità di servizio specifica è un valore aggiunto da considerare giustamente per fini puramente didattici e da utilizzare, se si vuole, anche per la carriera di un insegnante?”
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