Mischiati tra gli impiegati, i medici e infermieri, la polizia locale e i vigili del fuoco, i ricercatori, il 28 novembre a Roma c’erano anche tanti insegnanti.
Tutti assieme, hanno partecipato alla manifestazione organizzata da 25 sigle per rivendicare il rinnovo del contratto, e non solo, nel pubblico impiego fermo da quasi sei anni.
Tra slogan, magliette-pettorine ‘Pubblico6tu”, bandiere, espressioni spesso ironiche, i lavoratori, tanti dei quali giunti nella capitale da province lontane, hanno reclamano attenzione e valorizzazione del proprio lavoro.
L’Ansa ha raccolto alcune testimonianze di docenti presenti all’evento. Alessandra è un’insegnante di un liceo scientifico di Teramo, ha raggiunto la capitale in pullman: “Siamo qui per il contratto. E non solo. La ‘Buona scuola’ porta assunzioni ma le condizioni restano immutate. Anche economicamente: gli stipendi sono troppo bassi rispetto alla responsabilità e all’impegno di ogni giorno”.
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Ricordiamo che la scuola detiene la maglia nera delle buste paga nella pubblica amministrazione italiana, con una media che si colloca tra 29mila e 30mila euro annui. Mentre un giudice percepisce, sempre in media, oltre 100mila euro lordi annui: quasi il quadruplo.
Presenti anche gli studenti: Francesco, 14 anni, matricola in un liceo scientifico di Napoli, è venuto nella capitale “per protestare contro la ‘Buona scuola’, che pone più ostacoli di quelli già esistenti. Poi basti pensare che da noi piove nelle classi”.
Ma quello degli stipendi ridotti è un problema non solo di chi opera nella scuola. Luca di Roma, 38 anni, è un ricercatore: “Prendo 1.590 euro al mese, quando va bene, dopo un precariato di sette anni e studi molto lunghi: tre lauree – racconta -, un dottorato di ricerca, una scuola di specializzazione e tre lingue (inglese, francese e greco). Noi vogliamo il giusto riconoscimento, non siamo dei fannulloni: non è solo una questione di soldi”. Se però non arrivano a sufficienza, si complica tutto…
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