Caro Direttore, vengo a ragionare con Lei sullo stipendio dei docenti perché questa cosa mi fa uscire fuori dai gangheri. Chi mi conosce sa che me ne importa il giusto dei soldi mentre non mi va di essere preso per i fondelli. I fatti sono questi.
Non c’è cerimonia di inizio di anno scolastico, non c’è convegno sindacale e politico, non c’è trasmissione televisiva in cui tutti quelli che dovrebbero contare, dal Presidente della Repubblica Mattarella, alla Presidente del Consiglio Meloni, al Ministro Valditara per finire all’ultimo deputato dell’opposizione, non ci ricordano, con fare ipocritamente contrito e pietoso, che gli stipendi dei docenti fanno letteralmente schifo, occupano gli ultimi posti nelle classifiche OCSE e che dovranno (attenzione al futuro!) essere aumentati e pure cospicuamente.
A questa giostra si uniscono opinionisti, scrittori, cantautori, attori, etc, etc, etc.
Ma finite le declamazioni retoriche, quando si passa dalle amichevoli al campionato e si comincia a giocare duro e a fare sul serio, succede che i contratti vengano aumentati con cifre abbondantemente sotto l’inflazione reale, che gli incentivi per l’aggiornamento vengano ridotti e che le attività aggiuntive vengano pagate in modo da elargire elemosine, mentre il peso di adempimenti burocratici asfissianti cresce a dismisura.
Ora, io dico: se Lor Signori hanno deciso di mortificare in questo modo inqualificabile i docenti, A) non vi lamentate (è una constatazione oggettiva non un auspicio) che docenti pagati uno schifo producano fior di asini che saranno i nostri futuri medici, magistrati, avvocati e farmacisti (anche perché li selezionate male e badando più alla fuffa che alla sostanza ); B ) smettetela con questa lagna intollerabile sull’importanza vitale per il Paese della scuola e sulla necessità della valorizzazione improcrastinabile del lavoro dei docenti (ma che deve fare sempre i conti con i vincoli del Bilancio! Eh giá…non sia mai che il Bilancio copra l’aumento degli stipendi dei docenti e non, che so, il Bonus 110% o Quota 100), che suona oggettivamente come una inutile beffa, come un oggettivo sfottó e una mortificazione alla dignità di chi nonostante tutto si dedica a questo lavoro con passione e senza risparmio.
I docenti non hanno tanto bisogno della stima di politici, autorità e commentatori e della loro stucchevole retorica ma dell’aumento delle poste in Bilancio per i loro magri stipendi.
PS
Proposta indecente e pazza!
Noi non siamo ricchi ma penso che un mese continuo di sciopero ad oltranza ce lo potremmo permettere. Non moriremmo di fame certo.
Perché se qui non blocchiamo sul serio il Paese e non mettiamo in allarme le famiglie che non saprebbero dove collocare i loro pargoli, visto che la scuola è diventata una nursery, nessuno penserà mai di intervenire seriamente su questa questione e noi continueremo ad essere oggetto di quei discorsi da sepolcri imbiancati che sentiamo ogni anno.
Con cordialità
Gennaro Lubrano Di Diego, docente al Liceo classico “J. Sannazaro” di Napoli
LA RISPOSTA DEL DIRETTORE DELLA TECNICA DELLA SCUOLA.
Egregio professore Gennaro Lubrano Di Diego, è impossibile non essere d’accordo con la sua descrizione della realtà, perchè ben fotografa la modestia degli stipendi degli insegnanti italiani e l’ipocrisia di chi li valorizza solo a parole: nelle campagne elettorali, soprattutto quelle Politiche, questo argomento risulta nove volte su dieci nelle primissime posizioni dei programmi da realizzare (del resto, oltre un milione di dipendenti del comparto Scuola possono da soli spostare gli esiti delle urne). Poi, però, immancabilmente, una volta saliti al Governo, tutti i partiti si comportano allo stesso modo: la scuola rimane importante, ma deve sempre attendere tempi migliori perchè non si può mettere a repentaglio il bilancio pubblico. Così gli stipendi dei docenti, ancora peggio del personale Ata, vanno sempre più già rispetto al costo della vita. Su questa premessa credo siano d’accordo tutti, addetti ai lavori e semplici osservatori.
Più discutibile appare, invece, la possibilità che tanti dipendenti della scuola aderiscano al mese consecutivo di sciopero (permesso che il Garante consenta) da lei proposto, così da sensibilizzare le forze politiche ad affrontare il problema anziché continuare a eluderlo.
Faccio notare che negli ultimi 20 anni solo un paio di scioperi hanno visto aderire oltre i due terzi dei lavoratori: il primo (era il dicembre del 2009) fu quello contro il dimensionamento voluto dalla triade Berlusconi-Tremonti-Gelmini; il secondo fu quello del “famoso” 5 maggio del 2015 (il primo unitario dopo sette anni) e riguardava il ‘no’ generalizzato alla Buona Scuola voluta dal Pd guidato da Matteo Renzi che era anche premier.
Quindi, la scuola viaggia alla media di uno sciopero fortemente partecipato ogni dieci anni: per il resto, invece, le risposte che docenti, personale Ata e dirigenti scolastici forniscono alle periodiche richieste sindacali sull’astenersi dallo svolgere l’attività lavorativa a scuola risultano in media abbondantemente al di sotto del 10%. La categoria dei docenti, lo dicono i numeri, appare una delle meno sensibili quando si tratta di lottare per la salvaguardia dei propri diritti.
Ora, le chiedo: cosa possiamo aspettarci se i rappresenti dei lavoratori della scuola dovessero chiedere al personale che rappresentano di non lavorare per un mese e rinunciare, quindi, ad un intero stipendio? La risposta appare è ovvia. E non è positiva.
Le faccio anche osservare che molto probabilmente questa eventualità si trasformerebbe in un boomerang, perché dimostrerebbe che tutto sommato non esiste dissenso verso chi governa la scuola e verso chi paga quelli che vi lavorano meno di un operaio specializzato.
Eppure il dissenso verso il trattamento economico dei docenti è palpabile. E chi lavora a scuola lo sa bene.
Sarebbe opportuno trovare forme di protesta alternative: si accettano proposte, possibilmente che non vadano a intaccare i compensi già esigui dei nostri docenti e del personale Ata, il meno pagato dell’amministrazione pubblica.
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