I dipendenti della scuola sono la pecora nera della Pubblica amministrazione italiana: il dato è contenuto nel ‘Conto annuale’ 2013, realizzato dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato. A fronte di uno stipendio medio dei dipendenti pubblici pari a 34.505 euro, chi opera nel comparto scuola percepisce appena 29.468 euro, che corrispondono all’importo annuo lordo più basso tra i comparti pubblici italiani.
“Anche a causa del confermato blocco contrattuale, che congela lo stipendio ai valori del 2009, e della mancata assegnazione dell’indennità di vacanza contrattuale, sospesa almeno fino al 2018, lo scorso anno – scrive l’Anief – i docenti e il personale Ata della scuola hanno percepito ancora meno del precedente: nel 2012 la media si è attestava a 29.548 euro annui, quindi 80 euro più. Sempre scorrendo il rapporto annuale della Ragioneria Generale in capo al Mef – continua il sindacato – si evince che la busta paga dei lavoratori della scuola si conferma inferiore anche ai dipendenti dei ministeri, delle regioni e delle autonomie locali. Le professioni ‘in divisa’, comprese le forze di polizia, percepiscono circa 10mila euro annui in più. I lavoratori della presidenza del Consiglio del ministri quasi 30mila euro in più.
“Le tabelle della Ragioneria dello Stato – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief – ci dicono che dopo i primi illusori incrementi del triennio 2007-2009, per i dipendenti della scuola abbiamo assistito a un progressivo peggioramento della situazione stipendiale. A partire dal 2010 abbiamo assistito prima a un anno caratterizzato da una crescita retributiva individuale praticamente nulla, poi nel 2012 a un decremento medio retributivo nella PA dell’1% rispetto all’anno precedente, con la scuola più penalizzata di tutti con un preoccupante -2,6%. Il calo è stato confermato nell’anno successivo, seppure in modo più ridotto”.
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“Tra l’altro – continua Pacifico – non si tratta di una riduzione generalizzata: perché, sempre nel 2013, i ministeriali, i magistrati e i vigili del fuoco hanno potuto contare su un incremento medio stipendiale dello 0,6 – 07%. Visti i presupposti, quindi, pensare di ridurre ulteriormente il potere di acquisto di chi opera nella scuola, sottraendogli l’unica forma di avanzamento di carriera, quale è lo ‘scatto’ stipendiale, equivarrebbe condannarli a vivere ai limiti della povertà. Anche perché nel frattempo l’inflazione sta correndo ad una velocità superiore alle loro buste paga di 4-5 punti percentuali. Quello che si apprestano a vivere i docenti e Ata della scuola sarà quindi un Natale ancora una volta amaro”.
Per il sindacato, le differenze retributive si fanno ormai sentire anche rispetto all’estero: già oggi a fine carriera i nostri docenti della scuola superiore percepiscono quasi 9mila euro in meno rispetto ai colleghi dell’area Ocde; un insegnante di ruolo laureato della scuola superiore italiana dopo 15 anni di servizio percepisce meno di 27mila euro lordi, mentre un collega tedesco con la stessa anzianità professionale circa il doppio. Ora, se non si agisce sul piano contrattuale e se non si mantengono gli scatti di anzianità, la forbice tenderà ad allargarsi. Così docenti e Ata diventeranno la pecora nera anche dell’Ue.
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