Studenti di tutte le scuole palermitane sono scesi in piazza ieri dietro uno striscione riportante la scritta “Studenti Palermitani contro la Buona Scuola”. Dopo le assemblee scolastiche e i blocchi stradali di un paio di giorni fa gli studenti palermitani hanno dato vita ad una grande manifestazione aderendo alla mobilitazione studentesca nazionale contro la riforma scolastica Renzi-Giannini.
Dopo le assemblee scolastiche e i blocchi stradali di un paio di giorni fa gli studenti palermitani hanno dato vita ad una grande manifestazione aderendo alla mobilitazione studentesca nazionale contro la riforma scolastica targata Renzi- Giannini, e per denunciare inoltre le reali condizioni dell’edilizia scolastica.
“Il nostro è un secco no a chi vede le scuole come aziende da cui trarre profitto, a chi strizza l’occhio a un’ idea di scuola basata sulla competizione. Secondo noi la scuola deve offrire a tutti in maniera equa lo stesso portato di conoscenze e possibilità, senza tenere in considerazione il merito individuale, ma facendo pressione sull’aspetto più importante e formativo: lo scambio reciproco di sapere. Una scuola pubblica ha come compito principale quello di sollecitare il senso critico degli studenti, non di annichilirlo attraverso la sempre più classista e nozionistica competizione”, dicono gli studenti palermitani a cui si aggiungono circa 200 studenti di Firenze che hanno partecipato ieri a una manifestazione per le vie del centro nell’ambito di un’iniziativa a livello nazionale contro la riforma della scuola del governo Renzi. Il corteo non era stato preavvisato alla questura.
I ragazzi si sono radunati dalle 9 in piazza San Marco per dirigersi in via Mannelli, sede dell’ufficio scolastico regionale. Al termine di una breve trattativa, la polizia ha consentito la manifestazione, concordando tuttavia un percorso alternativo. Lungo il percorso sono state vergate alcune scritte sui muri dei palazzi e accesi fumogeni.
A Pisa una ventina di studenti medi appartenenti al Collettivo autonomo studenti pisani (Casp) ha attraversato in corteo il centro storico per contestare la “Buona Scuola”. Dopo un presidio sotto Palazzo Gambacorti, i manifestanti si sono mossi in corteo facendo “tappa” prima sotto il provveditorato e poi fuori la sede della Provincia, dove hanno avuto un incontro, piuttosto acceso, con il dirigente servizio scuola.
A Brescia un folto gruppo del corteo degli studenti medi, scesi in piazza per protestare contro la riforma della scuola di Renzi, ha cercato di entrare in prefettura, per spiegare le ragioni del loro dissenso. Il palazzo del governo era però transennato e difeso dagli agenti della Polizia, che hanno iniziato una carica quando qualche studente del Kollettivo studenti in lotta ha cercato di rimuovere le transenne. Ci sono due contusi tra i giovani manifestanti. Il corteo è poi proseguito fino in piazza Loggia.
“Non un passo indietro” è la parola d’ordine dell’Uds che ha annunciato la mobilitazione per il 12 di marzo.
Nel mirino restano principalmente i dispositivi legislativi che il Governo presenterà la prossima settimana per tradurre in iniziativa legislativa il progetto di riforma della scuola: un decreto legge e una legge delega e un terzo dispositivo dedicato agli studenti.
“Se il Governo pensa di procedere a tappe forzate per riformare la scuola contro le nostre istanze si sbaglia di grosso”: dicono gli studenti.
“Renzi vuole liquidare facilmente le proteste degli ultimi mesi, ma noi non faremo dei passi indietro. Alla consultazione vi hanno partecipato soltanto 6600 studenti, mentre le mobilitazioni hanno attivato quasi mezzo milione di studenti. In generale, la consultazione è stata una farsa utile soltanto per legittimare il Governo a mettere mano alla scuola del nostro Paese e ristrutturarla in chiave neoliberista. Dalle indiscrezioni si conferma che i pilastri tanto contestati della riforma rimarrebbero sostanzialmente immutati: la valutazione per svilire il rapporto tra studenti e docenti; la meritocrazia che favorisce una competizione nella miseria tra docenti, studenti e scuole stesse; il rapporto subalterno della scuola al mondo dell’impresa; una riforma degli organi collegiali con una centralità del preside manager, che acquisirà nuovi poteri in una scuola sempre più imprenditrice di se stessa; l’ingresso degli investimenti privati, unico viatico accanto ai contributi “volontari” delle famiglie, capace di sostenere una scuola pubblica che diventerà sostanzialmente privata”.
“Rispetto all’auspicata immissione in ruolo dei precari”, continuano ad argomentare le associazioni studentesche, “stupisce constatare la scarsità di investimenti disposti nella legge di stabilità, che peraltro dovrebbero coprire anche altri settori della riforma, a partire dall’”epocale” riforma dell’alternanza scuola-lavoro. Il “pacchetto studenti” di cui tanto parla Faraone invece rischia di essere soltanto l’ennesima operazione di marketing politico senza un reale dialogo nel merito delle proposte e soprattutto senza aver ritagliato dei dovuti finanziamenti. Il 12 marzo torneremo nelle piazze non soltanto per contestare la riforma e chiederne il ritiro, ma per aprire un reale processo democratico per costruire delle proposte alternative. Poniamo al Paese cinque priorità per ripensare la scuola: un nuovo diritto allo studio col fine di raggiungere la piena gratuità dell’istruzione, un’alternanza scuola-lavoro finanziata e qualificata, finanziamenti per il rilancio dell’autonomia scolastica, una riforma della valutazione in chiave democratica, investimenti sostanziosi sull’edilizia scolastica”.
“Chiediamo a gran voce che oltre alle priorità si ponga in discussione la Legge d’Iniziativa Popolare sulla scuola ripresentata ad agosto perché, se implementata, potrebbe costituire un grande punto di partenza per la definizione di una scuola inclusiva, laica e democratica, conclude l’UdS. Scenderemo in piazza il 12 marzo anche per denunciare a gran voce gli intrecci tra mafie e politica che, da Expo a Mafia Capitale, ci interrogano sulla necessità di un’alternativa culturale. Ma non solo: richiederemo a gran voce un nuovo modello di sviluppo che ponga al centro la questione ambientale e la democrazia sui territori. Al pari di questo ci faremo sentire per chiedere una radicale inversione delle politiche sul lavoro e sul welfare, come richiesto dalla piazze studentesche, dello sciopero sociale e sindacali nel corso dell’autunno. Difatti i decreti attuativi del Jobs Act precarizzano definitivamente il mondo del lavoro. In un momento così difficile come questo, con l’imperversare di movimenti xenofobi e neofascisti che speculano sul malessere sociale, occorrerebbe rispondere con nuove politiche sociali, lavoro, reddito e diritti!”.
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