“Per troppo tempo abbiamo atteso invano, troppo a lungo i nostri moniti sono stati accolti dal disinteresse collettivo: è ormai insopportabile la durata dell’assordante silenzio in cui sono precipitate le nostre richieste. La politica si deve far carico, nel governo delle istituzioni e della cosa pubblica, di salvaguardare la cultura, il sapere, la formazione, la scuola e le università pubbliche».
«Non siamo riusciti a consegnare la lettera personalmente a Napolitano – spiega all’ANSA Alessandro Castellaneta, coordinatore di Link Bari – ma l’abbiamo data al suo cerimoniere che ci ha chiesto di inserire una mail, nel caso il presidente della Repubblica voglia risponderci».
«Come da lei più volte ribadito, il futuro del paese passa dalla ricerca e dalla formazione. Questa non si può realizzare solo con l’esercizio di stile delle declamazioni di buone intenzioni, ma con un intervento concreto a sostegno e promozione della formazione pubblica. Questo passa in primo luogo dall’intraprendere un percorso in contro tendenza dalle politiche di austerità, in primo luogo su questi campi».
«Tanti, troppi nostri coetanei scelgono di partire: noi oggi scegliamo invece di restare, credendo nella possibilità di costruire un futuro diverso, ma sapendo che solo rispondendo a queste domande, riaprendo i luoghi della formazione e arrestando le politiche di austerity si potrà invertire la rotta presentataci come immodificabile».
”Oggi a Bari inauguriamo una nuova sede, ma poche settimane fa ad Atene chiudeva il principale Ateneo: non possiamo non considerare questo un segnale lampante di come le politiche di austerità e privatizzazioni non facciano altro che distruggere il sistema di istruzione di un Paese e, di conseguenza, il suo futuro”.
“Nel nostro Paese il diritto allo studio, tutelato formalmente dalla Carta Costituzionale, è diventato privilegio di pochi: da anni assistiamo ad un progressivo smantellamento del sistema di formazione pubblica, che potrebbe al contrario costituire una poderosa spinta verso l’uscita dalla crisi. Il definanziamento, tanto della scuola quanto dell’università, affiancato ad una serie di riforme che non hanno fatto altro che piegare il mondo della formazione alle esigenze del mercato, ha portato allo svuotamento totale dei saperi della loro funzione di emancipazione sociale, riducendo i luoghi della formazione a sterili esamifici”.
”La nostra generazione è stata definita in tanti modi, ma probabilmente esiste un aggettivo che più degli altri ci accomuna tutti: siamo la generazione precaria, tutti quei giovani per cui il futuro è difficile da immaginare e ancora più complicato da costruire. Siamo una generazione che vede la disoccupazione giovanile superare il 40% e, inevitabilmente, pone una domanda cui nessuno sembra voler rispondere: quale futuro esiste in questo Paese?”.
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