I giovani hanno fantasia, ma a volte si superano. Soprattutto nelle difficoltà. La conferma arriva dal sindacato studentesco Link dell’Università di Padova che per evidenziare gli effetti, da loro reputati “devastanti”, del ddl Gelmini sull’università pubblica hanno inventato un gioco originale: “Universitopoly”. L’iniziativa è stata presentata il 18 novembre nel capoluogo veneto.
“Per partecipare al grande gioco ‘al contrario’ – hanno detto gli ideatori – i partecipanti impersonano grandi industrie, banche o lobby che potranno entrare a far parte del Consiglio di Amministrazione dell’ateneo e possono decidere come far pesare il loro potere“. Che sarà, per forza di cose, non certo marginale: la filosofia di base del gioco studentesco è infatti dimostrare che i Cda introdotti dalla riforma universitaria possono monopolizzare le strategie accademiche. “Non può essere un caso che il Cda di ogni ateneo – hanno detto gli studenti riferendosi al ddl di riforma accademica – sarà composto almeno per il 40% da membri ‘esterni al mondo accademico’“. In questa ottica i partecipanti al gioco potranno chiudere i corsi ritenuti “inutili” in cambio di un introito economico cospicuo, per dimostrare “come l’ingresso di esterni nel Cda potrà portare a decisioni basate su interessi ‘altri’ rispetto a quelli dell’università“.
Inevitabile l’epilogo delle partite a “Universitopoly”: sono altissime le possibilità che si concludano con “la distruzione dell’università pubblica e la proclamazione del vincitore nella persona dell’amministratore più `bravo’ a far valere il suo potere“.
Così, tra il serio e il faceto, il sindacato studentesco intende mostrare le possibili conseguenze di una riforma che è stata vista dall’opinione pubblica come “favorevole all’eliminazione dei baronati e dei centri di potere negli atenei. In realtà – hanno spiegato gli studenti del Link di Padova – crediamo che dare la possibilità ai rettori di scegliere le persone coinvolte nella direzione dell’Università non sia una valida alternativa all’autogoverno delle strutture universitarie, bensì vada nella direzione di costituire dei gruppi corporativi che perseguono interessi non condivisibili da studenti, professori, ricercatori e personale tecnico e amministrativo“.
E siccome l’Università è una cosa seria ecco la contro-proposta studentesca: “occorre puntare su il 40% di decisori universitari under 40, cioè un Cda dove siano fortemente rappresentati studenti e giovani ricercatori, per abolire davvero le logiche baronali che oggi dominano l’università italiana“.
“Per partecipare al grande gioco ‘al contrario’ – hanno detto gli ideatori – i partecipanti impersonano grandi industrie, banche o lobby che potranno entrare a far parte del Consiglio di Amministrazione dell’ateneo e possono decidere come far pesare il loro potere“. Che sarà, per forza di cose, non certo marginale: la filosofia di base del gioco studentesco è infatti dimostrare che i Cda introdotti dalla riforma universitaria possono monopolizzare le strategie accademiche. “Non può essere un caso che il Cda di ogni ateneo – hanno detto gli studenti riferendosi al ddl di riforma accademica – sarà composto almeno per il 40% da membri ‘esterni al mondo accademico’“. In questa ottica i partecipanti al gioco potranno chiudere i corsi ritenuti “inutili” in cambio di un introito economico cospicuo, per dimostrare “come l’ingresso di esterni nel Cda potrà portare a decisioni basate su interessi ‘altri’ rispetto a quelli dell’università“.
Inevitabile l’epilogo delle partite a “Universitopoly”: sono altissime le possibilità che si concludano con “la distruzione dell’università pubblica e la proclamazione del vincitore nella persona dell’amministratore più `bravo’ a far valere il suo potere“.
Così, tra il serio e il faceto, il sindacato studentesco intende mostrare le possibili conseguenze di una riforma che è stata vista dall’opinione pubblica come “favorevole all’eliminazione dei baronati e dei centri di potere negli atenei. In realtà – hanno spiegato gli studenti del Link di Padova – crediamo che dare la possibilità ai rettori di scegliere le persone coinvolte nella direzione dell’Università non sia una valida alternativa all’autogoverno delle strutture universitarie, bensì vada nella direzione di costituire dei gruppi corporativi che perseguono interessi non condivisibili da studenti, professori, ricercatori e personale tecnico e amministrativo“.
E siccome l’Università è una cosa seria ecco la contro-proposta studentesca: “occorre puntare su il 40% di decisori universitari under 40, cioè un Cda dove siano fortemente rappresentati studenti e giovani ricercatori, per abolire davvero le logiche baronali che oggi dominano l’università italiana“.