L’Ocse ha rilevato che il 56% degli studenti italiani vive la scuola con ansia e nervosismo. La situazione appare in tutta la sua gravità se comparata con il 37% delle rilevazioni europee.
Un comportamento ansioso può essere originato dall’incapacità di dominare l’incertezza, da tensioni emotive che inibiscono l’assunzione di condotte razionali, da un senso d’inadeguatezza, da stati di agitazione, da paura.
Perché i nostri ragazzi vivono la scuola in questo modo? Perché solo il 44% si è adattato all’ambiente scolastico?
All’origine della sofferenza sono da collocare gli ambigui e scoordinati stimoli che ricevono. Questi, non essendo direttamente connessi alla finalità del servizio, generano confusione e disorientamento.
La promozione delle competenze è l’orientamento del sistema scolastico, competenze che prefigurano le interazioni dei giovani con l’ambiente socio-culturale.
La buona scuola, ora legge, lascia il servizio nazionale nell’indeterminatezza: gli “obiettivi formativi ritenuti prioritari”, che elenca, sono un’accozzaglia di traguardi solo in parte espressione di competenze generali.
La mancata denuncia, da parte degli operatori scolastici, dei macroscopici errori che il legislatore ha commesso, è inequivocabile sintomo dell’irrazionale gestione dei processi formativi.
L’assenza di una visione strategica impedisce di motivare gli studenti in modo autentico: l’origine e il senso del loro lavoro è occultato.
Come l’asino è stimolato dalle carote così gli studenti lo sono dai voti. In rete “All’origine della dispersione scolastica” tratteggia una via di fuga.
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