Lo studio ha però anche scoperto che quel 92% di studenti più bravi che prosegue gli studi “tendono più di altri a gravitare verso studi ingegneristico-architettonici, sanitari e scientifici, mentre sono poco attratti dagli studi in campo politico-sociale e giuridico”.
Decisamente ridotto anche il numero di atenei dove convogliano i migliori studenti italiani: “Vi è una forte capacità – continua il rapporto – di discriminazione nella scelta delle università e alcune università d’eccellenza sono ampiamente sovra-rappresentate; si segnalano, in particolare, l’Università di Pisa (con la Scuola Normale e la Scuola Sant’Anna), la Bocconi di Milano, l’Università di Pavia, il Politecnico di Torino e la Luiss di Roma”.
L’ultimo dato, invece, è quello che sorprende di più: chi ha conseguito votazioni altisonanti e carriere scolastiche impeccabili, quell’8% che non va all’università, è destinato a trovare con fatica la propria strada professionale. “Sono relativamente pochi gli studenti eccellenti che attualmente lavorano – concludono dalla Federazione nazionale dei Cavalieri del lavoro – molti non hanno idee precise sull’occupazione futura e il lavoro autonomo costituisce un’ambizione relativamente periferica”. Insomma , essere bravi a scuola non sembra più aprire le porte al mondo del lavoro. Figuriamoci avere delle votazioni normali. O peggio ancora mediocri.
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