Ho letto con attenzione le pagine della riforma della scuola promessa dal Governo Renzi. Molti sono i punti degni di attenzione, ma uno in particolare mi sembra assolutamente necessario attuare, viste anche le analisi impietose dell’Ocse e le sollecitazioni dell’Invalsi: l’introduzione dell’Economia politica in tutte le scuole superiori, immediatamente nei licei classico e scientifico.
Si tratta di un acuto e provvidenziale ritorno all’antico, proprio quando le pastoie della attuale crisi economica (non se ne uscirà almeno fino al 2017) strozzano sul nascere i sogni e le legittime aspirazioni dei nostri figli.
Come infatti ho già avuto modo di scrivere qualche anno fa, alla vigilia della riforma Gelmini che ha improvvidamente sterminato questa materia, già nelle prime sezioni sperimentali del liceo moderno attivate come sezioni annesse ai classici a partire dal 1911 (ma generalizzate con regio decreto del 1913), l’economia politica era insegnata negli ultimi due dei tre anni di cui si componeva il liceo. Andava a braccetto sia con le materie umanistiche (filosofia, storia, latino), sia con le lingue straniere, sia ancora con matematica e fisica, tutte con almeno 3 ore settimanali.
L’approccio scientifico era perfettamente bilanciato con quello classico e linguistico e, soprattutto, l’economia (ma anche il diritto) veniva insegnata dove era più necessaria per la formazione del ragazzo: negli ultimi due anni del liceo, non a caso ribattezzato moderno.
Accolgo quindi con estrema benevolenza, ma anche con sincero stupore, la proposta del Governo di reintrodurre questa fondamentale disciplina da subito (cioè, mi par di capire, dall’a.s. 2015-2016) per almeno due ore nei bienni (affiancata dal Diritto) e tre ore nei trienni dei classici e scientifici, per renderli davvero più “moderni”. Lì ha le sue radici storiche, lì deve tornare.
Studiare come funziona il sistema dei prezzi e il mercato, come e perché si producono disuguaglianze tra i cittadini, perché il sistema economico va in crisi e si ammala, come lo Stato deve intervenire per correggere i difetti di un sistema economico e assicurare giustizia sociale, come permettere alla crescita economica di rispettare la natura, non solo apre una luce nuova sul buio della società attuale, non solo permette di comprendere il linguaggio dei media infarcito di termini economici e finanziari, ma altresì consente di valutare se le scelte dei governanti siano giuste o sbagli ate e quindi argina il fenomeno della disaffezione alla politica che caratterizza il mondo studentesco di oggi.
Rende i nostri figli protagonisti del loro futuro e, forse, permette loro di evitare, nei prossimi anni, i nostri stessi errori, quelli che hanno permesso alla finanza di provocare la più grande crisi economica mondiale degli ultimi 80 anni. Un appello, infine: se materia vera deve essere, che l’Economia politica si faccia insegnare per ragioni di giustizia scolastica ai docenti specialisti, cioè a quelli della classe di concorso A019.