Prefazione di don Luigi Ciotti, al nuovo libro di poesie, “Gocce, poesia e musica nel nome della speranza”:
“Queste poesie ci raccontano l’amore per una terra, la Sicilia, nella quale Sara Favarò affonda le proprie radici. Non solo perché lì è nata e ha vissuto i momenti più belli, ma anche perché in profondità ne conosce cultura e memoria, studiate e coltivate con passione.
Terra bellissima, la sua Sicilia, però segnata da profonde contraddizioni, coraggiosa, amara e difficile come molte delle storie che ritornano in questi versi. «La Sicilia madre gravida di forza e volontà sventrata in autostrada», quella delle bombe che hanno ucciso Giovanni Falcone e sua moglie, Paolo Borsellino e le loro generose scorte. La Sicilia di Peppino Impastato e Salvatore Carnevale, delle loro madri piegate al dolore, non all’ingiustizia, e di troppe altre madri orfane dei figli. E di figli mai nati, come il bimbo di Nino e Ida Agostino, ammazzati prima che lui potesse aprire i suoi occhi innocenti sulla Sicilia e sul mondo. «Canto per dar voce a chi non può parlare – scrive Sara pensando a quella famiglia – Canto per il più innocente tra tutti gli innocenti, per te che eri tanto atteso».
Tutta questa violenza per molti ha un nome solo: mafia. Ma non è così. Ingiustizia e sopraffazione sono frutto del crimine organizzato come dell’indifferenza, del sonno delle coscienze, dell’omertà complice. Si nutrono di egoismi e superficialità, dell’incapacità di parlare il linguaggio delle relazioni e ricordarsi che «l’uomo è veramente tale per quello che ha nel cuore». Ecco perché, diceva Rita Atria, puoi combattere la mafia solo «dopo averla sconfitta dentro di te. La mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarci». Quel “modo sbagliato”, quel codice dell’illegalità e del silenzio, che lei aveva appreso in famiglia fin da piccola, ma al quale aveva trovato la forza di ribellarsi anche grazie alla sensibilità di un magistrato come Paolo Borsellino. Quando uccisero quello che considerava un padre adottivo, Rita si arrese alla disperazione: è lei «la speranza suicidata dal balcone della capitale» ricordata nella poesia “Noi palermitani”. Speranza che a nessun costo possiamo credere davvero morta. Sta a noi farla vivere di nuove energie, nuovo impegno, ciascuno con i propri mezzi e strumenti.
Sara ha scelto la poesia, che è ricerca dell’autenticità delle cose, della loro essenza. I suoi versi, così come la musica che li accompagna, parlano al cuore di tutti noi, ci aiutano anzi a sentirci “noi”, a pensare “plurale” riconoscendoci uniti in un desiderio di bellezza che è anche sempre desiderio di giustizia. Etica ed estetica, bene e bello sono strettamente legati: sono il frutto dell’armonia fra parti che trovano senso dentro una comune ricerca di verità. È quell’armonia che siamo chiamati a ricostruire anche dentro le nostre società, quella capacità di agire ciascuno in vista del bene collettivo. Solo così potremo sconfiggere l’illegalità, la corruzione, le mafie, costruire un futuro dove «sentimenti, emozioni, gioventù e voglia di vivere» trovino casa. Se ognuno dà il suo contributo – o mette la sua goccia, per richiamare il titolo di questa raccolta – ce la faremo.