Ancora un’intervista della ‘Tecnica della Scuola’ sulle ormai periodiche polemiche a proposito della pertinenza delle tradizionali celebrazioni delle festività natalizie a scuola, che anche quest’anno stanno dividendo docenti, addetti ai lavori, cittadini.
Dopo aver proposto ai nostri lettori il parere di Antonia Sani, già coordinatrice dell’associazione nazionale “Per la Scuola della Repubblica”, è la volta di Roberto Gontero, presidente AgeSC, l’Associazione genitori scuole cattoliche. Che ci trasmette una chiave di lettura – sempre sulla laicità di riti e simboli pre-natalizi negli istituti scolastici – decisamente diversa.
Dott. Gontero, per quale motivo le feste pre-natalizie a scuola dovrebbero essere tenute in vita?
La risposta a questa domanda presuppone nel non dare per scontato che la scuola è un luogo educativo della persona, secondo solo alla famiglia. Educare significa introdurre il bambino, il giovane nella realtà ove lui vive ed in uno spazio più grande che è la comunità del mondo. Un ambito di questa educazione è quella di capire ed approfondire le proprie radici, la propria storia, il “da dove vengo” e “da chi sono stato creato”. La Festa del Natale è un momento educativo per eccellenza, perché approfondisce un fatto storico che ha cambiato l’umanità: se ben spiegato e motivato non può offendere nessuno.
Ma allora pure gli alunni di altre religioni avrebbero diritto a celebrare le “loro” celebrazioni?
Certamente sì: se ben spiegate e ben motivate è giusto che i ragazzi conoscano le altre religioni. È il primo passo per evitare integralismi, intolleranze e discriminazioni. La scuola con la famiglia deve dare il giusto ed equilibrato messaggio che l’altro è sacro. La vita ed il credo dell’altro sono sacri. Questo vale con reciprocità naturalmente in un ambito educativo di pari dignità.
Un preside di Rozzano ha chiesto all’Usr di lasciare la reggenza delle scuola primaria da lui diretta, a seguito delle polemiche seguenti al suo diniego all’insegnamento a scuola di canti religiosi da parte di alcuni genitori: che ne pensa?
Giudicare un singolo gesto e una persona non è mai facile. Ma il gesto in sé farebbe pensare ad un provvedimento ideologico, generato da quella debolezza culturale che a volte produce solo danni a tutti e nessun beneficio. Un provvedimento che annulla anziché produrre. Non può essere un progetto educativo questo.
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E allora quale sarebbe il progetto educativo da far adottare a scuola con l’approssimarsi del Natale?
La scuola forma solo se è propositiva delle differenze, tanto più che sappiamo che ai bambini di altre religioni interessa la nostra tradizione. E possono crescere meglio imparandola attraverso la simbologia e il significato molto ricco del nostro Natale. Che non è certo solo l’albero e le renne. Inoltre, mi pare un provvedimento che come sempre più spesso capita non tiene conto del parere della componente genitoriale. Che non può essere interpellata solo per discutere del menù o del colore delle aule. La capacità di creare una comunità educativa è il vero test di valutazione per una buona scuola, non negare i canti natalizi.
Come fanno anche alcuni leader islamici, che difendono i canti di Natale a scuola.
Avevo già letto l’intervista al leader islamico che difende, secondo me, non solo i canti di Natale ma un’idea molto precisa del futuro del mondo a cui tutti noi tendiamo. Un uomo è un uomo, prima di essere mussulmano, cristiano, ebreo. Mi sembra giusto ribadire che è compito della famiglia e della scuola educare alla conoscenza ed al rispetto alla sacralità dell’altro. L’ignoranza imposta dalla ideologia non insegna il rispetto, ma produce solo integralismo. I veri leader sanno riconoscere l’importanza della religione e la valorizzano. Non la usano contro qualcuno o qualcosa.
Concludendo, secondo lei come si può evitare di rinnegare la tradizione religiosa rispettando il credo di tutti gli alunni?
Dando più importanza all’ora di religione, di storia dell’arte, di musica. La nostra scuola ha soffocato queste materie educative. Per far spazio al nozionismo e guardare soprattutto al voto. I ragazzi studiano per il voto e non per conoscere, per approfondire. Questo non li aiuta ad alzare lo sguardo al vero ed al bello. La tradizione religiosa è di per sé rispettosa perché guarda all’uomo: se è vera tradizione non lo tradisce, non lo inganna, non lo narcotizza, non lo usa. Il ruolo dei genitori e degli insegnanti, come dei dirigenti scolastici, è deciso per promuovere la tradizione religiosa. Negarla, ci rende tutti più poveri.
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