Quello che è accaduto il 14 dicembre alle piattaforme telematiche di Google è noto: il blocco del sistema per un’ora abbondante ha provocato lo stop delle lezioni in videoconferenza a cui assistevano centinaia di migliaia di studenti della scuola secondaria. Quella del gigante statunitense, infatti, risulta tra le piattaforme più utilizzate dai nostri docenti. Il fatto, in sé, non è di certo grave. Avere perso un’ora o poco più di una lezione è una condizione più che recuperabile.
Quello che deve fare riflettere è, invece, lo spiacevole senso di dipendenza che pure le scuole hanno ormai attuato nei confronti di tali dispositivi on line: come le aziende private e i comuni cittadini, anche coloro che fanno e fruiscono di didattica in ‘remoto’ si ritrovano ormai vincolati a doppio filo ai destini (nel bene e nel male) delle mega-piattaforme telematiche.
Considerando che la scuola d’ora in poi si avvarrà della didattica digitale integrata come metodologia quotidiana, anche quando sarà superato il Covid-19, il problema non è da poco.
Un vincolo che diventa ancora più fastidioso nel leggere i messaggi burloni, alcuni pure scurrili, postati dagli hacker di turno in occasione del crash del 14 dicembre. Con tanto di inevitabile coda di ilarità degli studenti.
Le domande da porsi, allora, sono le seguenti: c’è un sistema per svincolarsi da tutto questo? Perché la scuola deve sottostare a dei meccanismi prettamente commerciali e alle inevitabili “guerre” tra cui gestisce milioni di recapiti e-mail? Cosa stanno facendo al ministero dell’Istruzione per affrancarsi una volta per tutte da questa architettura incompatibile con temi e mission della scuola?
Anche Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia), vice presidente dalla Camera, si chiede: “Possibile non si sia ancora creato una piattaforma, una rete infrastrutturale tutta italiana e pubblica dove far viaggiare i dati della pubblica amministrazione, il flusso dei servizi tra cui la dad per mettere al riparo i servizi fondamentali dai problemi di Google e delle società affini?”.
Certamente, molti problemi sarebbero risulti se si passasse ad una piattaforma unica nazionale, specifica per realizzare didattica a distanza, gestita direttamente dal dicastero bianco di Viale Trastevere. A patto, però, che si tratti di un sistema moderno, efficace e pressoché inattaccabile.
Solo due-tre giorni fa la ministra Lucia Azzolina Azzolina ha detto che al Ministero è stato istituito un gruppo di lavoro per garantire agli istituti il nuovo strumento in tempi brevi, entro il prossimo anno scolastico.
Ora, se è vero che il Paese si sta sempre più digitalizzando, scuola compresa, allora lo dimostri concentrandosi su questo processo. La stessa agenzia nazionale digitale ci stupisca e fornisca il supporto massimo al dicastero dell’Istruzione. Così da compiere il “miracolo” il prima possibile, magari in pochi mesi.
Non c’è più nemmeno l’alibi delle risorse: a breve, comunque nel 2021, arriveranno alla scuola diversi miliardi dal Recovery fund. E altri per il processo di digitalizzazione. E cosa c’è di più importante da trasformare in byte che viaggiano se non le lezioni che dobbiamo assicurare ai nostri giovani?
Per una volta, su mettano da parte interessi e lobby di turno. Già collocata in una situazione difficile per via del Covid, la scuola non si può interrompere pure perchè gli hacker hanno deciso di sferrare l’ennesimo attacco ai magnati di internet.
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