Attualità

Gotor (LeU), proponiamo abrogazione 107 e alternanza volontaria

Abbiamo intervistato il Senatore Miguel Gotor di Liberi e Uguali su i temi principali del nostro sistema scolastico e dei problemi che coinvolgono la categoria degli insegnanti.

D) In questi ultimi tempi la credibilità sociale del corpo insegnante della scuola pubblica italiana è ai minimi storici. Assistiamo, sempre più spesso, a fenomeni di cronaca in cui gli insegnanti sono vittime di aggressioni da parte di alunni e genitori. Non crede che un Paese che maltratta i propri insegnanti è un Paese destinato al declino permanente? Quale soluzione propone?

R) Il mondo della scuola italiana vive un profondo disagio da molto tempo, che si è radicalizzato negli ultimi anni per colpa della legge 107 che Liberi e Uguali si propongono di abrogare. Negli ultimi vent’anni si sono susseguite continue riforme che hanno destabilizzato la scuola e gli operatori che ci lavorano al suo interno che hanno bisogno in particolare di serenità e di continuità per potere svolgere il loro lavoro, a partire da un miglioramento del salario. Un Paese che non crede e non investe nella scuola pubblica come motore di inclusione e di cittadinanza non crede nel proprio futuro. Segnalo una questione su tutte: quella del riconoscimento del carattere usurante dell’insegnamento elementare e medio e l’impegno a prorogare l’Opzione donna che non è stata confermata dalla legge di Bilancio 2018 votata dalla maggioranza di governo che consente il pensionamento anticipato a 57 anni e sette mesi con 35 anni di contributi.

D) L’alternanza scuola lavoro introdotta massivamente dalla legge 107/2015 anche nei licei e potenziata nei tecnici e professionali, sta creando alle scuole molti problemi di carattere organizzativo e ai docenti di carattere didattico, come pensa si possano risolvere queste difficoltà, visto che l’alternanza scuola lavoro diventerà anche oggetto di colloquio agli esami di Stato del prossimo anno scolastico?

R) L’alternanza scuola/lavoro deve essere modificata diventando su base volontaria. Accanto a esperienze virtuose – che vanno censite e valorizzate – ci sono casi che si sono rivelati estremamente negativi sul piano didattico e pedagogico in cui si insegna allo studente che il lavoro può non essere retribuito. È una questione di dignità anche perché si sono registrati casi di vero e proprio sfruttamento di manodopera minorile.

D) La legge 107/2015 ha riformato moltissimo, con grandi proteste delle rappresentanze sindacali, la parte organizzativa del lavoro.

R) Credo che proprio questa sia stato una delle principali storture di quella riforma che è stata imposta dall’alto, con arroganza e contro la volontà della maggioranza degli insegnanti. La scuola italiana per tanti anni si è retta su un equilibrio delicato che è stato rotto: a fronte di stipendi storicamente bassi, come dato oggettivo e se comparati con le principali realtà europee, l’istruzione promuoveva il diritto costituzionalmente garantito della libertà di insegnamento, un valore immateriale e psicologico, non monetizzatile che però ha consentito a centinaia di migliaia di docenti di resistere al fronte in condizioni spesso di serio disagio professionale.

D) I dirigenti scolastici sono diventati dei deus ex machina con maggiori poteri anche in chiave sanzionatoria. Non crede che la legge abbia messo a rischio la tutela della libertà di insegnamento ed abbia fortemente indebolito la figura professionale dei docenti?

R) La 107 ha cristallizzato un rapporto gerarchico tra il preside e il corpo docente, fondato sulla discrezionalità e potenzialmente l’arbitrio e il favoritismo, che ha leso questo valore senza che in cambio ci sia stato un miglioramento delle condizioni materiali degli insegnanti o un riconoscimento della loro professionalità che prescindesse dalla logica, a volte umiliante, dei bonus. È stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso perché ha umiliato un modo complesso e già inquieto che ha visto intaccare un secondo pilastro sul quale si reggeva: il rigoroso rispetto delle graduatorie concorsuali che ha salvaguardato la scuola dal clientelismo.

D) La scuola dovrebbe essere soprattutto buona didattica e dovrebbe avviare i nostri ragazzi alla vita, quale cambiamento attuerebbe nella didattica del nostro sistema scolastico per migliorare gli apprendimenti e i risultati degli studenti italiani?

R) La scuola italiana ha bisogno di più qualità perché le classifiche Ocse ci dicono che gli studenti italiani presentano soprattutto in ambito matematico e scientifico gravi carenze. Si registra anche un preoccupante abbassamento della capacità di utilizzare la lingua madre e purtroppo, al di là delle promesse fatte in questi anni (ricordate le «tre “i”» promesse da Berlusconi, sussiste una scarsa conoscenza dell’inglese e delle lingue straniere in genere. A noi di Liberi e Uguali interessa segnalare il carattere classista di queste manchevolezze della scuola pubblica perché chi viene da una famiglia agiata può sopperire a queste mancanze attraverso corsi privati, ad esempio di inglese, mentre chi è svantaggiato inizia da subito a rimanere indietro rispetto ai suoi coetanei più fortunati. Questo andazzo deve finire.

D) Cosa propone Liberi e Uguali per mettere al centro il diritto allo studio a prescindere dalle classi sociali di appartenenza?

R) La nostra scuola ha bisogno di maggiore inclusività perché continuiamo avere tassi di dispersione tra i più alti in Europa e deve svolgere un ruolo di «motore sociale» che promuove libertà e uguaglianza nel solco del rispetto e dell’attuazione dell’articolo 3 della Costituzione italiana. Sono ormai decenni che in Italia assistiamo a una crescita delle disuguaglianze e i percorsi scolastici si limitano a registrare queste tendenze: o la sinistra, voglio dire un nuovo soggetto politico come il nostro, si fa carico di queste questioni, oppure vengono meno le ragioni stesse della sua esistenza.

Lucio Ficara

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