Il governatore Ignazio Visco ha rilasciato una dichiarazione molto preoccupante sull’istruzione. Il nuovo governo riuscirà ad invertire la rotta? Lo sapremo presto.
Due giorni fa il governatore della Banca d’Italia è intervenuto dichiarando: “La spesa pubblica per istruzione è intorno al 4 per cento del Pil molto più bassa che nella media dell’area dell’euro. l’Italia risulta agli ultimi posti tra i Paesi sviluppati per le competenze della sua forza lavoro”, divario che “è pronunciato anche con riferimento all’ attività di ricerca e sviluppo”.
Fin qui nulla di nuovo! Viviamo in un contesto dove le rappresentazioni risultano più efficaci delle parole. Quindi ecco il grafico (fonte: Il Sole 24 Ore) del nostro “disastro educativo, espressione di una miopia culturale, schiacciata sul presente:
Questa è la situazione! L’istruzione è una macchina che da anni si muove solo in riserva. Durante l’anno si ferma per l’impossibilità di rispondere alle esigenze formative (ad es. assegnazioni dei docenti e conseguente formazione classi pollaio). I rabbocchi annuali le servono sono per assolvere al minimo i suoi compiti. La situazione è il risultato di riforme che si sono preoccupate “delle compatibilità economiche” (Riforma Gelmini 2008) o di completare il processo di aziendalizzazione del sistema scolastico, esaltando l’apparire piuttosto che l’essere (“La Buona Scuola”).
L’attuale governo ha la possibilità di effettuare una “conversione”, a beneficio di formazione dell’uomo e del cittadino (Costituzione della Repubblica). Sicuramente l’obiettivo non potrà essere raggiunto con gli annunci e le dichiarazioni (M. Bussetti) o con la speranza di uno stato di quiete (sempre M. Bussetti), ma con risorse fresche.
Si legge nel contratto del governo M5S-Lega “In questi anni le riforme che hanno coinvolto il mondo della scuola si sono mostrate insufficienti e spesso inadeguate, come la c.d. “Buona Scuola”, ed è per questo che intendiamo superarle con urgenza per consentire un necessario cambio di rotta, intervenendo sul fenomeno delle cd. “classi pollaio”, dell’edilizia scolastica, delle graduatorie e titoli per l’insegnamento”.
Aggiungo la chiamata diretta e la revisione dell’alternanza scuola/lavoro.
Interessante la priorità data all’abolizione delle classi pollaio. Il resto viene dopo.
Pertanto il progetto è già definito. La sua realizzazione necessità, però di risorse fresche. Sarà in grado il governo di reperirle? Nonostante la flat tax, il reddito di cittadinanza e la riforma della legge Fornero? Lo sapremo presto, tra meno di un mese con la presentazione della legge di bilancio 2019.
di Gianfranco Scialpi
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