A quanto è dato sapere, durante l’incontro a Palazzo Chigi tra il premier Paolo Gentiloni ed i ministri del Lavoro Giuliano Poletti, dell’Economia Pier Carlo Padoan e della Pubblica amministrazione Marianna Madia ed i sindacati si è arrivati a un esito ancora però tutto da accertare.
Il governo apre, come già abbiamo pubblicato, alla possibilità di correggere il meccanismo di calcolo che porta ad adeguare l’età di uscita all’aspettativa di vita e di escludere dallo scatto a quota 67 anni nel 2019 alcune categorie di lavoratori, quelli impegnati nelle mansioni più gravose e rischiose.
Questa possibilità sarà discussa al tavolo con le parti sociali, che partirà già lunedì prossimo e “verificato” in un vertice fissato per il 13 novembre.
Il principio dell’automatismo però non si tocca
Intanto entro fine anno è atteso il decreto direttoriale (Lavoro-Mef) che certifica l’innalzamento di cinque mesi dell’età pensionabile da 66 anni e 7 mesi a 67 anni nel 2019 per tutti.
Tuttavia al prossimo tavolo verrà esaminata “la possibilità di estendere le categorie assoggettate ai lavori gravosi” per “vedere di staccarle dal meccanismo di aumento automatico”, che come principio “resta confermato” ha aggiunto il ministro.
Se il confronto con le parti sociali darà i suoi frutti, le modifiche saranno inserite nella legge di bilancio, ultimo treno prima della fine della legislatura.
Nell’elenco potrebbero rientrare le undici categorie di lavori gravosi già individuati all’interno dell’Ape social: dalle maestre agli infermieri, dai muratori ai macchinisti, tutte o in parte.
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