Il rinnovo del contratto scuola? Dipende dalle risorse in legge di bilancio. “Nell’ultimo incontro con i sindacati, l’Aran – spiega il nostro direttore Alessandro Giuliani – ha presentato le somme che riguardano la possibile sottoscrizione del contratto 2019-2022: si parla di 122 euro lordi di aumento per i docenti e 88 euro per gli Ata. Ma sono cifre legate alla vecchia legge di bilancio”. Perché i sindacati non firmano? Perché vorrebbero strappare di più per i loro associati, così si attardano alla firma in attesa di trattare sulle risorse nella nuova legge di bilancio. Questa, perlomeno, era la strategia fino ad oggi, nel contesto di un Governo in carica. Ma la caduta di Draghi cambia le carte in tavola e toglie la terra sotto i piedi delle sigle sindacali.
Qual è il problema adesso? “Non sappiamo nulla della prossima legge di bilancio. Il problema è sostanziale: questo è il periodo nel quale i sindacati e in generale gli stakeholder interloquiscono col Governo per ciò che dovrà andare in legge di bilancio. Il punto è che il Governo che scriverà la legge di bilancio è diverso da quello di oggi. E dunque come si può trattare oggi sul nuovo contratto? Manca l’interlocutore”. Queste le preoccupazioni di Marco Campione, esperto di politiche scolastiche, nella diretta di Tecnica risponde LIVE del 21 luglio.
“Non a caso i sindacati hanno fatto di tutto per far sì che questo Governo non cadesse adesso, significa non avere interlocutore – continua Campione -. Io non voglio essere troppo pessimista, esiste una continuità amministrativa, però questo significa che riesci a portare a casa degli impegni dalla parte amministrativa, non puoi certo strappare impegni politici e portare tanti soldi in più sui contratti comporta strappare impegni politici”.
Cosa accadrà prossimamente, quindi? I sindacati potrebbero accettare le cifre di oggi, i 122 euro lordi di aumento per i docenti e gli 88 euro per gli Ata, chiudendo così la trattativa sul contratto 2019-2022; oppure potrebbero scegliere di navigare a vista, attendere il nuovo Governo (a ottobre) e riaprire una nuova partita, da zero, con il prossimo ministro dell’Istruzione e il prossimo presidente del Consiglio.
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