Palazzo Chigi, sede del Governo
Il sondaggio che abbiamo proposto nel pomeriggio del 4 aprile sta raccogliendo un buon interesse: hanno risposto finora poco meno di 650 lettori che stanno esprimendo una linea piuttosto chiara.
Intanto l’opzione di un governo dell’area di centro-destra unita con il PD non arriva neppure al 4%, mentre la soluzione Lega-M5S è quella che piace di più (52%).
Nonostante che il PD stia ripetendo di non avere intenzione di assumere nessuna responsabilità di Governo, il 23% di chi ha risposto al nostro sondaggi propone l’accoppiata PD-M5S.
La risposta è difficile da interpretare, soprattutto se si tiene conto che per almeno tre anni, dai gruppi FB frequentati da insegnanti e personale della scuola, lo slogan ripetuto quasi fino alla nausea è stato uno solo: “Mai più PD”.
Le spiegazioni possono essere tante: molti pensano che un PD con un Renzi debole o addirittura inesistente possa comunque dare un proprio contributo al Governo del Paese, molti altri ritengono che se il M5S si deve alleare con qualcuno è meglio che lo faccia con il PD piuttosto che con partiti della destra.
Più complicato ancora è decifrare cosa intenda il 23% dei lettori che dicono che “non va bene nessuna delle tre opzioni”: allo stato attuale, ipotizzare soluzioni diverse risulta davvero arduo, perchè i numeri sono quelli che sono. Se però si vanno a leggere i commenti usciti anche sulla nostra pagina FB si potrebbe dedurre che molti vorrebbero un “monocolore” M5S che di volta in volta, su ogni singolo provvedimento, vada in Parlamento a verificare se ci sono i voti per approvare la proposta.
L’idea di un Governo costretto di volta in volta a cercare i voti in Parlamento è di per sé suggestiva e forse persino benefica perché potrebbe indurre l’esecutivo a produrre proposte quanto più possibile condivise al di là degli schieramenti ideologici.
Purtroppo, però, questo modello cozza contro una precisa regola contenuta nella nostra Costituzione; in proposito, il primo comma dell’articolo 94 è molto chiaro: “Il Governo deve avere la fiducia delle Camere”.
In altre parole: si può benissimo pensare ad un Governo che, di volta in volta va in Parlamento “a cercare i voti” (lo stesso Luigi Di Maio lo ha più volte affermato), ma il passaggio preliminare, ineludibile, è quello di andare in Parlamento con un programma e su quello ottenere la fiducia.
E questo è il punto centrale, di carattere istituzionale, di tutta la questione: per dare il via all’attività di Governo ci vuole il voto di fiducia del Parlamento. Tutto il resto è solo un contorno, interessante, gustoso e appassionante finché si vuole, ma pur sempre solo un contorno.
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