È ancora in via di definizione il programma di Governo che M5S e Lega stanno allestendo, dopo settimane di trattative, decollate nelle ultime ore. Entro lunedì dovrebbero consegnarlo, assieme alla lista dei ministri e il nome del candidato premier (salgono le quotazioni di un nome “terzo”, quindi esterno ai due partiti). Sui nominativi, parte le anticipazioni, permane il più stretto riserbo.
Qualcosa trapela, invece, sul contratto di Governo che grillini e leghisti stanno allestendo: al termine della prima riunione tecnica, svolta a Montecitorio il 10 maggio, gli esperti hanno indicato nella flat tax, nel reddito di cittadinanza, nella legge Fornero e nei migranti, i temi da affrontare durante la legislatura. A proposito della riforma pensionistica, i due raggruppamenti rimangono dunque fedeli alle promesse elettorali.
Del resto, come abbiamo già avuto modo di osservare, uno dei motivi dell’alto numero di consensi ricevuti dal M5S e della Lega Nord alle politiche del 4 marzo scorso risiede nella volontà espressa dai due raggruppamenti politici di ridurre il primo possibile gli anni per l’accesso alla pensione. La richiesta è molto sentita in ambito scolastico, dove diverse decine di migliaia di docenti e Ata ultra 60enni sono rimasti “intrappolati” dalla Legge Fornero.
Molto scettico sulla revisione della riforma si è detto Carlo Cottarelli: l’esperto del Fondo Monetario Internazionale ed ex responsabile della spending review in Italia, ha spiegato che abolire la legge Fornero ci costerebbe “per i primi anni almeno 15 di miliardi l’anno. Bisognerebbe trovare le coperture, ma non è facile”.
Chi chiede di scongiurare una controriforma della legge Fornero è anche Bankitalia: “La sostenibilità del debito pubblico italiano poggia in larga misura sulle riforme pensionistiche introdotte nell’arco degli ultimi decenni. E’ uno dei punti di forza della finanza pubblica italiana; é opportuno non indebolirlo”, ha detto il vicedirettore generale Luigi Federico Signorini, in audizione sul Def alle Commissioni speciali di Camera e Senato.
L’attuale sistema, ha spiegato, assicura “una dinamica degli esborsi in complesso gestibile nonostante l’invecchiamento della popolazione”.
I partiti che stanno allestendo il nuovo Governo non la pensano però così. Sull’anticipo pensionistico, sarebbero disposti a pagare pegno. L’Ansa ha ricordato che la “bandiera” della Lega in campagna elettorale è stata proprio la “cancellazione della legge Fornero”, che “secondo i calcoli dell’Inps costerebbe solo il primo anno 14 miliardi (salendo a 20 l’anno a regime). E questa cifra servirebbe solo a tornare alle condizioni di accesso alla pensione antecedenti la riforma Fornero (quindi in sostanza la reintroduzione delle quote e la differenza tra uomini e donne) ma lascerebbe invariate le misure sull’aspettativa di vita.
Quindi comunque non si eviterebbe lo scatto dei 67 anni per l’accesso alla vecchiaia previsto per il 2019”. L’obiettivo realistico, quindi, sarebbe quello di portare la soglia a 65 anni, un paio d’anni in meno degli attuali. Non è molto, ma è un compromesso su cui si può lavorare.
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