Il Partito Democratico sembra spaccarsi di fronte all’inatteso invito del candidato premier del M5S, Luigi Di Maio, “sotterrare l’ascia di guerra” per far prevalere il “senso di responsabilità nei confronti del Paese” in modo da poter costruire un nuovo Governo assieme.
Tuttavia, rispetto ai precedenti inviti ai Dem, Di Maio (che continua a chiedere tempo a Sergio Mattarella, promettendo un Governo di lunga durata, e fare l’occhiolino a Matteo Salvini, che deve decidere se staccarsi dal Cavaliere) ha proposto non un sempre appoggio al governo targato M5S, ma di dare vita ad un contratto da redigere insieme. E “il contratto di governo può essere sottoscritto dal M5S o con la Lega o con il Pd”.
La risposta prevalente, in seno al Pd, è quella di respingere la proposta. Del resto, dopo anni di forte contrapposizione e una campagna elettorale caratterizzata da toni a dir poco aspri e accuse feroci, perché dovrebbero essere proprio i democratici a “salvare” i grillini da una situazione a dir poco ingarbugliata che sembra destinata all’ingovernabilità?
Come potrebbero convivere due anime così diverse? Come farebbero a sedersi attorno allo stesso tavolo i detrattori della riforma Renzi, che vogliono asfaltarla, con chi invece ne manterrebbe intatto l’impianto e continua a dire che l’errore più grande è stato quello di comunicare male l’ondata di novità positive che ha introdotto?
Il pollice verso a Di Maio, sembrano averlo già fatto i renziani e pure il gruppo del reggente Maurizio Martina, che “apprezza l’autocritica nei toni” però sottolinea che nella posizione di Di Maio rimangono “le ambiguità”. Il plotone dei “no grazie” è comunque molto folto: da Andrea Marcucci a Gianni Cuperlo, da Matteo Richetti a Matteo Orfini.
Dario Franceschini, invece, invita a non respingere a priori l’invito dei grillini: con un tweet, il ministro uscente della Cultura, parla di “novità politica” nelle parole di Di Maio, e chiede ai suoi colleghi di partito di “riflettere e tenere comunque unito il Pd nella risposta”. “L’opposto di quanto sta accadendo: rispondiamo affrettatamente e ci dividiamo tra noi”. Dello stesso avviso si dice Francesco Boccia, per il quale è quindi possibile trovare con M5s “dei punti di incontro”.
Solo che i commenti dei militanti su Twitter al “cinguettio” di Franceschini sono stati quasi tutti negativi.
Intanto, Lorenzo Guerini rimprovera al ministro della Cultura proprio l’aver scelto un social, mezzo “non ideale per una riflessione unitaria e non affrettata”.
Anche Piero Fassino, spesso vicino a Franceschini, invita Di Maio, se vuole essere credibile a indicare i suoi punti programmatici, dato che Pd e Lega non sono “partiti intercambiabili”.
Andrea Orlando pur non rilevando “novità” nell’offerta di Di Maio, stigmatizza come venga soffocato il dibattito a suon di dichiarazioni (“è giusto discuterne, la vita è sempre più complicata di due opinioni”): e un confronto ci sarà sicuramente all’Assemblea dei gruppi parlamentari che si terrà martedì prossimo.
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