Continuano le convocazioni di aspiranti supplenti dalle Gps, con ritardi e confusione. Abbiamo raccolto la testimonianza di una di loro, convocata in un liceo polo, in attesa dal mattino sino al pomeriggio di assegnazione di cattedre.
Marina, Giada, Sara. Sono alcuni dei nomi di colleghe di Roberta (nome di fantasia), che ha deciso di raccontarci la sua storia di docente precaria. “Un sogno realizzato a metà” confida con lo sconforto nel cuore. Classe ’84, laurea in Filologia Moderna, amore incondizionato per la storia e la letteratura, attualmente segretaria presso uno studio medico.
“Mi sono dedicata per anni al mio studio e percorso professionale, inviando mad a scuole che, spesso per brevissimi periodi, mi hanno dato la possibilità di insegnare, facendomi guadagnare pochissimi punti”.
I punti sono quelli che, nel momento in cui viene stilata la graduatoria provinciale- dallo scorso anno accessibile solo con Spid e modalità telematica– ordinano gerarchicamente gli aspiranti supplenti per l’assegnazione di cattedre.
La incontriamo dinanzi ad un Liceo romano, dove tutta la sua classe di concorso viene finalmente smaltita con convocazione e relativa assegnazione di cattedre. Roberta è di Roma, ha una figlia ed è disposta anche ad una supplenza di pochissime ore pur di realizzare il suo sogno, anche se precario e momentaneo. Il calvario inizia alle 8, quando i primi convocati (divisione per fasce orarie, seguendo il criterio del punteggio, dal più alto, sino alle “eventuali surroghe”, cioè coloro che essendo bassi in graduatoria possono auspicare alla rinuncia dei primi) cominciano a radunarsi nello spiazzale della scuola ospitante per conoscere sedi disponibili e e destinazioni.
L’aggravante di quest’anno è l’emergenza covid che condiziona pesantemente l’attesa. “Eravamo tutti assembrati, con una lentezza cronica nella gestione e smistamento dei primi arrivati, nonchè una mancanza totale di chiarezza sulle sedi e cattedre via via disponibili” aggiunge Roberta, alla quale, ci spiega, è stato intimato di uscire dalla segreteria, quando dopo diverse ore di attesa, insieme ad altre colleghe, hanno chiesto spiegazioni relative al ritardo. “Una voce stridula urlava dall’ingresso, comportando inevitabile assembramento per ascoltarla, a che turno fossimo arrivati e via via le cattedre rimaste disponibili”. Intorno alle 12 ancora 5 fuori Roma.
Come ogni anno docenti che hanno alle spalle lauree, corsi di perfezionamento, abilitazioni, master universitari e anni di lavoro precario si sono dovuti mettere in fila, proprio come fanno i loro studenti quando sono in attesa dei risultati di un esame, per conoscere la propria destinazione di lavoro. In alcune scuole polo (gli Istituti polo sono quelli per decentrare l’attribuzione dei contratti a termine) le code iniziate al mattino sono andate avanti fino al primo pomeriggio.
Fuori dalle stanze dove avviene l’assegnazione dei posti c’è trepidazione. La scelta della scuola di destinazione dura due minuti ma ti cambia la vita per un anno o, nel caso di Roberta finalmente convocata come molte sue colleghe a febbraio inoltrato, anche solo per pochi mesi. “Se va tutto bene riesci ad insegnare vicino casa e ti risparmi stressanti viaggi giornalieri in macchina o con i mezzi. In caso contrario può anche essere che finisci a lavorare a 40-50 Km da dove abiti, il che non capita poi così raramente”. “Il problema – aggiunge – è che nessuno di noi è più un ragazzino: siamo quasi tutti sopra i 35 anni, qualcuno ne ha anche molti di più”. Ma anche molti meno, considerando che le nuove graduatorie hanno dato accesso anche ai neolaureati con i 24cfu.
Non va trascurato inoltre che le graduatorie debbano garantire che i contratti vengano assegnati ai candidati migliori. Non sono mancati infatti errori relativi ai punteggi di ogni singolo candidato, che vanno verificati e corretti. Sono stati rilevati infatti a inizio anno centinaia di errori nel loro calcolo. La conseguenza è che non solo i ragazzi sono stati costretti a cambiare supplente durante l’anno dopo che i punteggi sono stati verificati e le cattedre riassegnate, ma anche che molti docenti che avevano la priorità rispetto ad altri siano stati declassati. “Non è concepibile che dopo un anno scolastico di didattica a distanza, lacune da colmare nei saperi minimi, non si garantisca la stabilità didattica agli studenti e anche a noi docenti” tuona Roberta.Sono le 14 e la nostra aspirante docente, insieme ancora al centinaio rimasto in attesa dell’assegnazione dell’ultima cattedra decide di andar via: “Anche l’ultima cattedra è stata assegnata. Sarebbe bastato dividerci in più giornate o convocare solo una parte in corrispondenza del numero delle cattedre disponibili. Adesso scappo per andare a lavoro. Sarò sincera: quella di noi precari è proprio una vita da cani”.
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