I lettori ci scrivono

GPS, date la possibilità ai laureandi di inserirsi!

Alla c. a. del ministro Patrizio Bianchi

Alla c.a. del presidente CSPI Francesco Scrima

Alla c.a. del vicepresidente Anna Maria Santoro

mi chiamo Amalia Martini, sono una docente di Educazione Fisica in pensione, in questi giorni sto seguendo per interesse personale l’iter dell’apertura delle GPS, di cui ho letto più volte la bozza dell’ordinanza. Sono rimasta perplessa per ciò che riguarda alcune questioni.

La prima è relativa all’impossibilità di inserimento in graduatoria con riserva delle universitarie e degli universitari che, ahimè per loro, discuteranno la tesi a giugno o luglio. Trovo che ciò sia discriminante, tanto più che:

– la stessa regola non vale per le laureande/laureandi o per gli iscritti al III, IV e V anno di Scienze di Formazione Primaria.

– negli anni precedenti l’apertura delle GPS è avvenuta in luglio.

Sarebbe auspicabile che la stessa possibilità venisse data a tutti nello stesso modo, perché tutti dovrebbero avere gli stessi diritti.

Per mia curiosità sono andata a rileggere il parere del CSPI del 7 luglio 2020 e nella premessa vengono date valutazioni proprio specificamente a questo riguardo. Non solo, stesso parere viene ribadito, in relazione all’art. 3 comma 5, lettera b, quanto scritto in premessa.

Trovo pertanto poco corretto che anche quest’anno si ripresentano le stesse criticità, e che comunque non si tenga conto delle difficoltà affrontate da tutte le studentesse e tutti gli studenti nei due anni di pandemia appena trascorsi.

Ho insegnato dal 1976 per più di 40 anni, cominciando ad insegnare in ottobre a Bergamo con supplenza annuale, pur non essendomi ancora laureata (data di laurea ISEF Bologna 13 dicembre 1976).

Quando sono arrivata a Bergamo da Bologna mi sono sentita spaesata. Per mia fortuna avevo conoscenti a Bergamo che mi hanno accolta. Non avevo la più pallida idea della provincia bergamasca, dei mezzi di trasporto, dell’edilizia scolastica, che per quanto riguardava le palestre era da terzo mondo. Scrivo questo perché capisco quei docenti che rifiutano la cattedra, e trovo offensivo che nei loro confronti possano venire adottate sanzioni così punitive.

Ho vissuto la storia della nostra scuola cominciando la mia professione nel periodo più vivo e più ricco di fermento. Vengo dalla idea della scuola di don Milani o di Lodi. Abbiamo potuto sperimentare nella scuola media laboratori, gruppi di livello, siamo poi passati da una scuola inclusiva, non solo per i diversamente abili, ma anche per i ragazzi problematici, alla scuola “meritocratica”, selettiva.

Bella parola meritocrazia, peccato che nel mondo attuale non sia possibile perché per essere fattibile tutti dovrebbero partire dallo stesso stato sociale. Facile per chi nasce in famiglie ricche e colte raggiungere posizioni di “alto profilo” (definizione che mi fa rabbrividire perché presuppone che le altre posizioni siano inferiori). Per questo credo che la scuola debba essere il luogo in cui non si fanno distinzioni, in cui si aiuta chi è emarginato, chi non ha ricche librerie, chi non va e forse non andrà mai a teatro. Purtroppo leggo che alla scuola vengono date poche risorse, come sempre peraltro, come succede ormai da 30 anni.

Immagino che questa mia lettera, quasi uno sfogo, non verrà letta, ma mi sono detta che ormai alla mia età posso scrivere e dire la mia opinione, non che non l’abbia fatto in precedenza. Forse dovrebbero cominciare a scrivere anche altri docenti , magari quelli che come me hanno cercato di costruire una scuola attiva e propositiva. Probabilmente ne trarrebbe beneficio la nostra scuola.

L’ultima mia considerazione riguarda il reclutamento, io sono uscita dall’ISEF, che prevedeva la metodologia e la didattica, inesperta e incapace, ho imparato con l’esperienza e grazie al corso abilitante che ho frequentato nell’83 e alle discussioni e alle relazioni con docenti più esperte e propositive. Per questo dico che ritengo siano inutili tutti quei crediti di didattica, metodologia, che a mio parere servono solo a rimpinguare le università, piuttosto corsi di aggiornamento seri, corsi abilitanti con personale preparato.

Amalia Martini

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