A quanto pare si sta delinenando chiaramente, via via che si completa la pubblicazione delle graduatorie ad esaurimento, il quadro nazionale della situazione.
E se uno dei “problemi” è l’emigrazione di tanti docenti dal Sud, non è l’unico. La questione ha una portata più ampia: il vero problema sembra essere la parola spostamento. Basti pensare al caso dI Mantova, dove i docenti del luogo si sono visti scavalcare sì dai precari meridionali, ma anche, se non soprattutto, da colleghi di provincie limitrofe come Verona o Brescia.
Insomma non è solo verticale il movimento, ma anche orizzontale; può avvenire anche tra due province del Sud, come Catania e Messina, e professori che hanno pazientemente scalato la graduatoria si vedono sorpassati da altri colleghi con più punteggio o magari con riserve.
E’ prendere un terno al lotto dove nella partita c’è tutto il bene e tutto il male: il dramma del trasferimento, la necessità di un accurato controllo sui punteggi ormai sedimentati e non più esattamente verificabili di docenti sia settentrionali sia meridionali, i tagli del Miur, i grandi numeri dei rientri che sottraggono ogni anno cattedre in od e of, il calo delle nascite,
Certo è che la nostra Costituzione all’art. 120 parla ben chiaro:
“La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, nè adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, nè limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.”
Il diritto al lavoro si esercita in qualunque parte del territorio nazionale. La situazione di confusione e di livore attuale nel mondo dei precari della scuola ci fa capire che forse il vero problema è che l’Italia non è ancora una nazione, ma solo come diceva il buon Metternich, un’espressione geografica
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