Dopo 3 sentenze di condanna da parte del Tar Lazio e del Consiglio di Stato, il Ministero dell’Istruzione ha ritenuto di dare attuazione al disposto giurisprudenziale adeguando i punteggi dei titolari di diploma Ssis, decurtandoli dei punti erroneamente attribuiti.
La querelle, che dura ormai da molti mesi e sembra, dunque, finalmente, volgere al termine.
Il tutto mentre il secondo quadrimestre è oramai iniziato e già si parla del prossimo decreto per l’aggiornamento e l’integrazione delle graduatorie permanenti.
La questione riguarda l’inesistenza del diritto dei titolari di diploma Ssis, di vedersi attribuire i punteggi relativi a servizi prestati durante gli anni scolastici di frequenza ai corsi di specializzazione all’insegnamento.
Una querelle che sembrava risolta con la circolare 69/2002 che poi, è risultata errata. Il dispositivo, infatti, prevedeva l’attribuzione del punteggio di servizio, limitatamente ai periodi non strettamente coincidenti con la frequenza ai corsi. Di qui, un’ulteriore sentenza di annullamento da parte del Tar Lazio, peraltro confermata in appello dal Consiglio di Stato.
Il Ministero, dunque, vistosi alle strette, ha dovuto emanare, il 4 febbraio scorso, una nota in cui dispone che i punteggi dovranno essere rivisti sulla base di quanto disposto dai giudici di secondo grado. Ma i supplenti assunti sulla base delle graduatorie sbagliate rimarranno in cattedra fino al termine delle attività didattiche. Coloro che, invece, ne avrebbero avuto titolo al posto loro, saranno subito assunti, ma percepiranno la retribuzione solo dal giorno dopo l’assunzione.
E’ prevedibile, dunque, che la prossima partita si giocherà al tavolo del Giudice del lavoro. Gli aventi titolo alla supplenza che non hanno lavorato, hanno diritto, infatti, ad intentare un’azione risarcitoria nei confronti dell’amministrazione per entrare in possesso delle retribuzioni che non hanno percepito. Ma gli avvocati costano e i tempi della giustizia molto lunghi.
E questo particolare, unito alle difficili condizioni economiche dei docenti precari, potrebbe giocare a favore dell’Amministrazione.
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