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Graduatorie, il Tar le boccia e rispunta l’idea della lista unica nazionale

Far confluire le graduatorie provinciali ad esaurimento in un’unica graduatoria nazionale: a patto, però, che le assunzioni si attuino su tutti i posti vacanti e non, come è accaduto lo scorso anno, solo sullo 0,48% (che ha permesso l’assegnazione di un ruolo ogni tre posti liberi). A rilanciare la proposta è il gruppo “Professione insegnante”, l’associazione professionale di docenti con fini anche sindacali, attraverso il suo rappresentante Libero Tassella, dopo l’accoglimento, da parte del Tar del Lazio, della richiesta operata dall’Anief di sospensione del D.M.n. 42 in base al quale i docenti precari che hanno scelto le tre nuove province si sarebbero dovuti accomodare “in coda”.

A spiegare le modalità della progetto, confluito anche in una vera proposta di legge, ora al vaglio delle forze politiche, è lo stesso Tassella: il modello della lista unica permetterebbe di “estendere a  livello nazionale – sostiene il docente esperto di precari della scuola – la validità delle attuali graduatorie ad esaurimento, proprio per la  loro attuale  specificità di essere graduatorie ad esaurimento, consentendo al singolo aspirante, in occasione delle procedure di reclutamento, di esprimere più opzioni, secondo un proprio ordine di gradimento: ad esempio,  solo la sua provincia di residenza, le province della sua regione, di alcune regioni o tutto il territorio nazionale”.
Questi i punti principali della proposta dell’associazione professionale: assegnazione della provincia, su scelta dell’aspirante, da definirsi con un apposito D.M., secondo una procedura meccanizzata analoga a quella prevista per la mobilità territoriale del personale docente a tempo indeterminato; assegnazione della Provincia effettuata in base all’ordine di graduatoria e alle preferenze espresse dagli aspiranti, subito dopo le operazioni di mobilità; successiva assegnazione a cura degli Usp della sede definitiva di titolarità sui posti avanzati dalle procedure di mobilità; assegnazione provvisoria e utilizzazione provinciale e interprovinciale per il medesimo anno dell’immissione in ruolo; depennamento, ai fini dell’immissione in ruolo, di tutti i docenti già di ruolo; elevare nei contratti sulla mobilità al 70% la percentuale dei posti riservati annualmente alle immissioni in ruolo, dopo la mobilità territoriale provinciale (oggi sono il 50%) e per alcune classi di concorso o tipologie di posto, arrivare anche al 100%.
Un modello, quindi, che non ha niente a che vedere con quello scelto dal Miur dopo non pochi ripensamenti: Una decisione che al momento – sempre secondo il docente promotore dell’iniziativa – fa giustizia delle scellerate scelte della politica governativa (soprattutto condizionata dalla Lega Nord), delle astuzie dei ministeriali, al servizio della politica, che con un D.M. cancellano-rimuovono l’istituto del trasferimento e si inventano all’ultim’ora l’escamotage delle code”.
Nei mesi scorsi la proposta di Tassella ha avuto diversi apprezzamenti, ma anche inaspettate stroncature. Non pochi docenti, soprattutto i precari storici, ritengono infatti rischioso abbandonare la certezza di trovarsi tra le prime posizioni (derivante dall’attuale modello con circa 100 diverse graduatorie) per mettere tutto in discussione (con una lista unica) in cambio di maggiori chance di ruolo.  A protestare sarebbero soprattutto i supplenti che dopo aver preso la non facile decisione di spostare la propria posizione dal Sud al Nord, potrebbero essere in qualche modo sorpassati, per la chiamata in ruolo, da altri docenti precari che nel frattempo hanno insegnato nelle regioni di residenza.
Tutti d’accordo, invece, sulla necessità di essere assunti sulla totalità dei posti vacanti. Anche i sindacati della scuola, “senza eccezione alcuna”, cui Tassella si rivolge con toni sprezzanti per essersi schierati “tacitamente a favore delle code della vergogna, al solo scopo – sottolinea il rappresentante di ‘Professione insegnante’ – di salvaguardare gli iscritti nelle province e, dobbiamo ammetterlo, anche di qualche associazione di precari del Nord, che è riuscita, in modo autoreferenziale, anche ad apprezzare il meccanismo ingiusto di un provvedimento, quello che noi abbiamo da subito chiamato il decreto della vergogna, il decreto della gabbia della disoccupazione e delle tre code dell’inganno”. Quel decreto, il n. 42, che per il Tar del Lazio va sospeso. Visti i precedenti è facile immaginare le intenzioni del ministero dell’Istruzione, che con ogni probabilità ricorrerà in Consiglio di Stato. Considerati i tempi ristretti di azione, uscita delle graduatorie (prima provvisorie, poi definitive), immissioni in ruolo e supplenze annuali, per averne la certezza non bisognerà aspettare molto.
Alessandro Giuliani

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