Non accenna a placarsi il contenzioso che vede opposti i docenti precari e l’amministrazione scolastica sulla questione dei punteggi da attribuire agli aspiranti docenti in possesso dei diplomi rilasciati dalle Scuole di specializzazione all’insegnamento secondario.
Si tratta peraltro di una questione che ha già visto l’amministrazione soccombente davanti ai Tar di mezza Italia. E ora a bacchettare il Ministero è addirittura il Consiglio di Stato: la suprema corte amministrativa cui spetta l’ultima parola in fatto di contenzioso giurisdizionale.
In buona sostanza il supremo collegio ha confermato punto per punto la tesi dei giudici di primo grado: il Ministero ha sbagliato nell’attribuire il cumulo dei 30 punti del diploma Ssis con l’eventuale servizio prestato in contemporanea. E ha sbagliato anche nel dare attuazione alla prima sentenza di annullamento del Tar Lazio, quando ha concesso la facoltà di cumulare i punteggi nei periodi non strettamente coincidenti con lo svolgimento dei corsi (circolare 69/2002). Secondo i giudici di legittimità, infatti, il biennio di riferimento, da considerare per l’eventuale decurtazione del punteggio di servizio, andava inteso per intero, senza tenere conto della data di reale inizio e fine dei corsi. Insomma, una doccia fredda per i precari che stanno lavorando per effetto delle graduatorie sbagliate, che vedono vacillare i loro incarichi. E una patata bollente per l’amministrazione per effetto dei possibili sviluppi. Una cosa è certa, però: dopo la pronuncia del Consiglio di Stato l’amministrazione non potrà opporre alcuna questione per evitare di mettere mano alle graduatorie. Fermo restando che avrebbe dovuto farlo già all’indomani della sentenza di annullamento della circolare attuativa della prima sentenza. Le sentenze dei giudici amministrativi, infatti, sono immediatamente esecutive, a prescindere dal fatto che si presenti o meno il ricorso in appello.