Da quest’anno, infatti, per continuare a rimanere inseriti negli elenchi bisogna presentare l’istanza. Anche se non si hanno nuovi titoli o servizi da far valere.
Le nuove disposizioni hanno determinato la cancellazione di molte posizioni. E questa cosa sta consentendo ai docenti precari di farsi un’idea più chiara delle reali possibilità di lavoro. L’assenza di aspiranti, non più interessati alle supplenze, infatti, riduce lo stato di ansia che, inevitabilmente, interviene al momento delle nomine. In modo particolare quando ancora non si sa se i soggetti inseriti in graduatoria in posizione migliore accetteranno o meno l’incarico.
Resta il fatto, però, che alcuni soggetti, non essendo a conoscenza dell’obbligo di ripresentare la domanda, sono rimasti fuori, senza avere alcun modo di rimediare. E questo è un punto debole della nuova normativa che, almeno per quest’anno, avrebbe dovuto prevedere una disciplina transitoria.
Nel frattempo proliferano i reclami per gli errori dell’amministrazione nell’attribuzione dei punteggi. Ad alimentare il clima di incertezza si aggiunge, quest’anno, una novità:
il Dipartimento dell’Università ha emanato una nota in cui si dice che i corsi di perfezionamento di 1500 ore valgono come i master (3 punti invece di 2), ma il provvedimento non è stato recepito dal Dipartimento dell’Istruzione. E quindi gli Uffici scolastici provinciali stanno valutando i relativi titoli in modo non univoco: alcuni Uffici assegnano i 3 punti, altri soltanto 2.
Resta il fatto che, se l’amministrazione non interverrà tempestivamente, esiste il rischio fondato di dover rifare le graduatorie, se non addirittura le assunzioni.
Qualora i diretti interessati decidessero di adire il Tar, forti della nota ministeriale che, tra l’altro, recepisce un argomentato parere del Consiglio universitario nazionale, avrebbero gioco facile ad ottenere pronunce favorevoli. E gli uffici dell’amministrazione periferica, a quel punto, non potrebbero fare altro che rifare tutto da capo.
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